Il gas russo non sarà più un problema già da fine anno. L'annuncio arriva dal Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che anticipa il raggiungimento (anzitempo) di un obiettivo che il precedente governo Draghi aveva fissato per l'autunno-inverno del 2024. «Se parliamo di autosufficienza dalla Russia, noi la raggiungiamo quest'anno con i due rigassificatori di Piombino e Ravenna», ha dichiarato il ministro ad Affaritaliani.it. «Ovviamente importeremo di più dall'Algeria e poi dall'Azerbaijan oltre ad aumentare la produzione per esempio nell'Adriatico centrale e con quello che importeremo in più da altre aree africane, Qatar e certamente nel tempo dai giacimenti Eni del mar Mediterraneo centrale».
Se la tabella profilata da Urso venisse rispettata, quindi, l'Italia si toglierebbe un grosso pensiero e sarebbe un successo per il governo. Del resto, l'importazione da quasi 29 miliardi di metri cubi di metano dalla Russia nel 2021 sembrava una montagna quasi impossibile da scalare. Già il governo Draghi era riuscito a ridurre la dipendenza dal 40% al 25%, con il governo Meloni però c'è stata un'ulteriore spinta e, all'inizio del 2023, i volumi da Mosca erano già crollati dell'82 per cento. La ricetta dell'esecutivo punta su incremento della produzione del gas nazionale (che andrà al raddoppio dai 3 miliardi di metri cubi dell'anno scorso), potenziamento degli accordi esistenti (per esempio quello siglato in Algeria a gennaio), maggiori afflussi dal gasdotto Tap (che vuole raddoppiare in 5 anni), più rinnovabili. Oltre alle extra forniture di gas naturale liquefatto, per le quali avranno un ruolo vitale i due rigassificatori di Piombino e Ravenna. Il primo, la nave Golar Tundra, entrerà in attività secondo i piani a maggio di quest'anno, con i suoi circa 5 miliardi di metri cubi di capacità di rigassificazione. L'impianto di Ravenna, del quale Snam cura l'allestimento, dovrebbe essere pronto a fine 2024, ma il governo spera di poter terminare anche prima.
La premier intende trasformare l'Italia nell'hub energetico dell'Europa, attraverso il compimento del cosiddetto piano Mattei. «Nel 2021 la dipendenza era di circa il 40%, lo scorso anno del 16% e a fine di quest'anno taglieremo ogni dipendenza dal gas russo», aveva spiegato già nei giorni scorsi Urso.
In tutto questo ha giocato un ruolo da protagonista l'Eni e del suo amministratore delegato, Claudio Descalzi. Al cane a sei zampe, infatti, facevano capo oltre 20 miliardi delle importazioni di gas da Mosca. Tra la fine del 2023 e l'inizio del 2024 avrà sostituito il gas dalla Russia dell'80%: dall'Algeria arriveranno progressivamente 6 miliardi di metri cubi addizionali nel 2023, con l'import che raddoppierà dai 9 del 2021 ai 18 miliardi nel 2024. Questa primavera arriveranno inoltre le forniture di Gnl da Egitto, Congo e Angola, fino a 7 miliardi al prossimo inverno. Una mano inattesa, poi, è arrivata dalla minor domanda di gas, favorita dal clima mite, e dai risparmi degli italiani, che hanno permesso al Paese di arrivare a questo punto con il 57,5% di stoccaggi pieni (un anno fa erano al 30,3%). E flussi maggiori arrivano anche dagli Usa: per l'agenzia Eia, nel 2022 le esportazioni di Gnl dagli Usa verso l'Europa sono aumentate del 141% sul 2021.
Intanto, ieri, sempre il ministro Urso ha dichiarato di voler convocare un tavolo sulle materie prime critiche per predisporre un piano
nazionale per la produzione e lavorazione, secondo gli obiettivi molto ambiziosi contenuti nel Critical Raw Materials Act, che mira a potenziare la produzione nell'Ue di tecnologie per raggiungere l'emissione zero di carbonio.
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