Gattinoni difende Zangrillo "Basta con le beghe da cortile"

L'anestesista: "Non ci sono negazionisti o allarmisti"

Gattinoni difende Zangrillo "Basta con le beghe da cortile"

Difende a spada tratta le posizioni del collega del San Raffaele Alberto Zangrillo. E soprattutto cerca di scardinare una volta per tutte la distinzione tra negazionisti e allarmisti sulla questione Covid. Non ci sta a rischiare di essere etichettato Luciano Gattinoni, decano dei rianimatori italiani, oggi in forze all'università di Gottingen in Germania.

«Sfortunatamente, per come si è messa la comunicazione, qualsiasi cosa uno dica viene arruolato o nella squadra dei catastrofisti o in quella dei negazionisti - insorge Gattinoni - A me non va di essere né nell'una né nell'altra squadra. Si vuole tutto o bianco o nero. Il grigio non viene contemplato, in tv non lo vogliono. Ma a volte la realtà è nel grigio. Per cui poi, per come vengono gestite le dichiarazioni dei vari esperti, viene fuori solo tanta confusione».

L'esperto cita il caso Alberto Zangrillo, primario di anestesia e rianimazione dell'ospedale San Raffaele di Milano e prorettore dell'università Vita-Salute. «Zangrillo è finito in mezzo a tutto questo - spiega - È stato definito negazionista, è stato ormai arruolato dai negazionisti anche se non lo è affatto. Se si va a vedere quello che ha detto realmente e lo si inserisce anche nel contesto e nel momento in cui lo ha detto - puntualizza - si può capire che non è né un negazionista né un catastrofista. È uno che i malati li ha vissuti sul serio. Ha il suo carattere, esprime opinioni a volte in modo brusco. Ma di sicuro ha una sensibilità superiore rispetto ad alcuni 'soloni' che so per certo non hanno mai assistito un paziente Covid».

La famosa frase di Zangrillo da cui nasce tutta la questione è quella in cui il medico dichiara che «il virus è clinicamente morto». Che non vuol dire che è sparito, ma semplicemente che non sta più provocando i ricoveri ospedalieri dei mesi neri.

Per Gattinoni il problema è «nella comunicazione polarizzata. Manca solo qualcuno che dica che il virus è di destra o di sinistra, o sovranista o non so che altro. Io direi che piuttosto questo virus è internazionale, allora, visto che non rispetta i confini e le patrie nazionali». L'analisi dello specialista è dura: «Vedo beghe da cortile. Ho letto un'intervista in cui si chiede: lei è per Zangrillo o per Galli? Ma che vuol dire? Qui non è Maradona contro Lodetti. Non si può trattare il dibattito sul virus come una partita di calcio. È molto semplice.

A chi parla di scienza e punta il dito, io dico che la scienza ha un percorso molto preciso: si parte da una tesi, in base all'osservazione si formula una legge. Poi si fa un esperimento e si va a vedere se un'ipotesi è confermata oppure no. Se si segue questa semplice procedura e la si applica al virus ci guadagniamo tutti».

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