Civili innocenti? Oppure terroristi di Hamas? Alla vigilia dell'ottavo anniversario del 7 ottobre, i 40 morti nell'ultima strage di palestinesi compiuta all'alba di ieri dai caccia israeliani in una scuola gestita dall'Onu, a Nuseirat, nel centro della Striscia di Gaza, indignano il mondo ma lasciano domande senza risposta, in assenza di resoconti indipendenti. Le vittime sono miliziani del movimento islamico palestinese o civili inermi? Israele difende la sua strategia militare e riferisce di aver colpito di proposito almeno 20-30 membri di Hamas e della Jihad islamica che hanno preso parte agli attacchi del 7 ottobre e si nascondevano nella scuola gestita dall'Unrwa, l'agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, in tre aule separate da una zona in cui si rifugiavano i civili, spiega l'Idf. L'esercito aggiunge di aver ritardato l'attacco due volte per evitare di colpire i palestinesi non affiliati ad Hamas e accusa gli estremisti di continuare a usare strutture civili per le sue attività terroristiche. Fonti locali e il ministero della Sanità palestinese, controllato da Hamas, denunciano invece l'ennesima strage di civili, tra cui donne e bambini che avevano trovato riparo nell'edificio Onu dopo essere fuggiti dall'offensiva israeliana a sud, e parlano di «massacro orribile».
S'indigna l'alto commissario dell'Unrwa, Philippe Lazzarini, che stigmatizza l'attacco «senza avvertimenti preventivi», «a un'altra scuola diventata rifugio» per 6mila palestinesi, convinto che si tratti di una «palese violazione del diritto internazionale umanitario». Da inizio guerra sono almeno 180 - denuncia - gli edifici Onu colpiti. Le vittime a Gaza quasi 37mila, secondo il ministero della Salute palestinese controllato da Hamas e che non distingue fra civili e combattenti.
In questo clima, dopo aver riconosciuto lo Stato palestinese insieme a Irlanda e Norvegia una settimana fa, la Spagna lancia un altro segnale e si unisce alla causa per «genocidio» intentata contro Israele dal Sudafrica alla Corte internazionale di giustizia dell'Aia (la Cig o Icj in inglese). La mossa vale a Madrid i complimenti di Hamas, secondo cui così «si rafforza» la giustizia. Ma a rafforzarsi è il clima di odio. Con una nuova offensiva israeliana nel centro della Striscia di Gaza, e i raid che proseguono nel sud, a Rafah, cresce la preoccupazione per la sorte degli ostaggi ancora a Gaza. Dei 124 rimasti nella Striscia, 42 sono già stati dichiarati morti da Israele ma potrebbero essere molti di più. Anche per questo i Paesi i cui cittadini sono ancora nelle mani di Hamas e della Jihad islamica hanno lanciato un appello perché Israele e Hamas accettino qualsiasi compromesso. «Non c'è tempo da perdere, è il momento che la guerra finisca», scrivono in una dichiarazione congiunta i leader di Stati Uniti, Argentina, Austria, Brasile, Bulgaria, Canada, Colombia, Danimarca, Francia, Germania, Polonia, Portogallo, Romania, Serbia, Spagna, Thailandia e Regno Unito. I negoziati proseguono ma le speranze si affievoliscono dopo che il leader di Hamas a Gaza Yahya Sinwar ha fatto sapere ai negoziatori arabi, secondo il Wsj, che la proposta di accordo sarà accettata solo se ci sarà un cessate il fuoco permanente.
Israele non ha ancora ricevuto però una risposta formale. Le trattative vanno avanti. Oggi, 7 ottobre, saranno 8 mesi dall'attacco. Il premier Netanyahu promette: «Non si ripeterà più. Cambieremo questa realtà», «nonostante le pressioni internazionali».
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