Barcellona - Juan Francisco Arza è segretario della Commissione Studi del Partido Popular catalano. E milita tra le file dei sostenitori del «No».
Señor Juan Arza, qual è la percentuale dei catalani, secondo la Generalitat, che vuole il referendum?
«L'80% è una cifra esagerata e manipolata. Alle ultime elezioni amministrative catalane, c'era un 40% di voti a favore dei partiti unionisti, contrari al referendum. Però è innegabile che il nazionalismo sta esercitando un'enorme pressione, lasciando credere, anche a chi non vuole l'indipendenza che, con la secessione, si risolveranno tutti i problemi e la crisi economica».
I catalani non si lamentano di essere poco rappresentati nel Parlamento di Madrid, unico luogo per dibattere dell'indipendenza?
«Ai nazionalisti non importa la loro presenza a Madrid, perché non riconoscono la sovranità del Parlamento, convinti che questa risieda già in nelle mani del Popolo della Catalogna. Per cambiare la legge ci vuole una maggioranza. Loro vogliono spezzare l'unità della Spagna con meno del 50% di consensi. Sono l'estrema sinistra, anticapitalista e antieuropea».
I Mossos domenica non useranno la violenza contro chi andrà ai seggi. È questa un'insubordinazione?
«Non ci saranno casi espliciti di disobbedienza e insubordinazione tra loro. Ma è sicuro che, con la scusa di proteggere l'integrità fisica dei catalani, avranno un comportamento passivo, più che offensivo e lasceranno affluire la gente ai seggi. Lasceranno il lavoro sporco e l'uso della forza alla Guardia Civil che dovrà impedire un referendum che è senza alcun valore legale».
Per l'indipendenza è accettabile agire contro la legge?
«Questo sarebbe un pessimo inizio. I nazionalisti col cervello lo sanno: soltanto vincere un referendum di autodeterminazione nel pieno della legalità e del riconoscimento degli altri Stati, ha pieno valore».
Arriverà il giorno della Repubblica di Catalogna?
«Sì, se si permette ai nazionalisti di
controllare l'educazione pubblica e la società, senza alcuna azione energica di Madrid, in pochi anni la Catalogna sarà uno Stato. La Spagna guarda alle prossime elezioni, mentre Barcellona guarda alle prossime generazioni».RPell
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