Anche l'ultimo bastione, quel settore dei servizi finora ignifugo alla politica incendiaria della Bce, è caduto. La contrazione dell'attività è arrivata anche lì, con l'indice Pmi di categoria scivolato ai minimi da 30 mesi in agosto, a quota 48,3 (da 50,9). Un pessimo segnale: con gli affanni del terziario che vanno a saldarsi all'arrancare della manifattura (anche se questo mese l'indice è salito a 43,7, dal 42,7 di luglio), l'eurozona è sul binario che porta dritto alla recessione. Cyrus de la Rubia, capo economista della Hamburg Commercial Bank (Hboc), istituto che stila gli indici dei direttori d'acquisto per conto di S&P Global, mette già in conto un Pil in calo dello 0,2% nel terzo trimestre. La situazione potrebbe avvitarsi ulteriormente nell'ultimo quarto, stante l'intenzione dell'Eurotower di incastonare fra settembre e dicembre almeno un altro rialzo dei tassi.
Alla luce del deterioramento congiunturale, l'intervento di domani al simposio della Fed di Jackson Hole di Christine Lagarde, capa della banca centrale, potrebbe essere utile per capire che aria tira dalle parti di Francoforte. In particolare se una Germania sempre meno «uber alles», con un possibile scivolamento in «rezession» di almeno un punto percentuale, e sempre più calata nel ruolo di malato d'Europa come all'inizio del terzo millennio, non indurrà a modificare una postura monetaria da rigor mortis. De la Rubia non ne è affatto convinto: «Lagarde ha fatto scattare l'allarme sulla possibilità che l'economia subirà salari più alti e minore produttività che faranno aumentare l'inflazione. Pare che queste preoccupazioni presto si trasformeranno in realtà, almeno per il vasto settore dei servizi».
Nove strette ai tassi, a partire dalla prima del luglio che ha fatto da cesura all'era Draghi del denaro a costo zero, hanno quindi prodotto l'effetto più prevedibile. Non sul carovita, ancora elevato e appiccicoso come carta moschicida nella parte depurata da energia e alimentari, ma su una congiuntura che va accartocciandosi con una rapidità superiore al previsto e in sincrono con l'umore nero dei consumatori. La fiducia della famiglie, strette nella morsa di prezzi e mutui sempre più salati, è scesa a -16 in agosto, ben al di sotto della sua media di lungo periodo. Il che significa, in prospettiva, consumi destinati a subire un'ulteriore compressione. Con inevitabile impatto sul Pil.
I prossimi mesi diranno se Eurolandia farà un atterraggio morbido (recessione soft) o si schianterà a terra (recessione severa), ma si può dire fin d'ora che le difficoltà di Berlino non sono mai positive per chi - come l'Italia - ha nei tedeschi un'importante controparte commerciale. Con la conclamata crisi del terziario, il cui indice è precipitato questo mese a 47,3 punti dai 52,3 di luglio, «qualsiasi speranza che il settore dei servizi possa salvare l'economia della Germania è evaporato», afferma il capo economista di Hcob. Improbabile, peraltro, che l'economia tedesca possa risalire la china grazie al contributo della Cina, alle prese con crescita fiacca, deflazione e crisi dell'immobiliare.
Se una recessione che bussa alla porte non sarà sufficiente a modificare i piani della Bce, le discussioni sulla riforma del Patto di stabilità potrebbero invece prendere
un'altra piega e attenuare il rigorismo di Berlino, contraria alla proposta di Bruxelles di un percorso tagliato su misura per permettere a ogni singolo Stato di portare a buon fine la ristrutturazione dei conti pubblici.
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