Chi volesse capire come andrà a finire, deve chiedersi cosa ne pensi di alleanze di governo, nuovo premier e agenda istituzionale l'uomo di Cazzago Brabbia, 810 abitanti nel Varesotto ancora ventre molle della Lega. Lì è nato e vive Giancarlo Giorgetti, il «Gianni Letta» del Carroccio e la cui vera passione oltre alla politica è la squadra inglese del Southampton alle cui partite si dice abbia trascinato perfino Giulio Tremonti. Un club noto perché per tredici anni consecutivi si è salvato dalla retrocessione all'ultima giornata.
Niente blasone, ma tanta passione. Papà pescatore, madre operaia in un'azienda tessile, è fatto così Giorgetti. Trascorsi nella destra e infatti recentemente si è visto all'assemblea del movimento di Francesco Storace e Gianni Alemanno, è uno di quelli che ha convinto Salvini alla scelta «sovranista». Di qui, forse, il non grande amore per il conterraneo Maroni che (così come Matteo) arriva invece dall'estrema sinistra. Nonostante questo Giorgetti oggi «non è il solo uomo di cui Matteo Salvini si fidi - racconta un colonnello del Carroccio -, ma di certo l'unico a cui si affida». È lui uno dei pochissimi ad aver passato indenne (e al comando) tutte le ere delle Lega, evitando purghe ed espulsioni. A cavallo con l'Umberto Bossi delle origini e ancora in sella quando Maroni ha spazzato via il cerchio magico che stritolava il Senatùr, oggi è ancora al timone nella gestione Salvini di cui è il vero ideologo. Così come è apparso chiaro vedendolo lunedì a Porta a porta dove la Lega l'ha spedito per commentare a caldo il boom nelle urne. Ruolo insolito per lui che ombroso e schivo, non è per nulla desideroso di ribalta mediatica. Capace di negarsi al telefono e sparire per giorni, ben altro è il suo lavoro di abilissimo tessitore di relazioni prima ancora che con il mondo politico, con il ben più solido universo dei poteri forti e finanziari. Non è un caso che proprio a lui, che ha grande stima di Mario Draghi e non si è mai sentito lanciarsi in sparate elettorali anti euro, sia stata affidata la delicata missione di andare Londra per convincere la City dell'affidabilità europeista della Lega.
Commercialista, alla Camera dal 1996, ha in bacheca una laurea con lode alla Bocconi con tesi sugli «Stadi di Italia '90» nella quale sottolinea con matita rossa scandali e sprechi negli appalti. Cugino (cosa che non guasta) del banchiere Massimo Ponzellini, è da sempre l'uomo dei rapporti con finanza, imprenditori e società. Pubbliche e non. Gran tessitore di trame, è l'uomo che potrebbe aprire la strada verso il Quirinale e questo Salvini lo sa bene. A lui il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel 2013 chiese di far parte del «Gruppo dei saggi» per le iniziative di legge in campo economico e sociale . Invidiosi e complottisti nella Lega non la presero bene e lo accusarono di essere stato cooptato dl club Bilderberg. Incarichi, però, che dimostrano come sia stata ormai smacchiata la pecca della partecipazione al cda di quell'infelice esperimento bancario che fu Crediteuronord. Più a suo agio nelle grisaglie che con le felpe, era lui che accompagnava Bossi ad Arcore da Berlusconi per le cene del lunedì. E fu lui da presidente della Commissione Bilancio e Tesoro dal 2001 al 2006 a vedersela con le leggi Finanziarie e soprattutto con il caratteraccio di Tremonti ministro.
Così oggi sarà ancora lui a far da pontiere con Forza Italia e con gli altri partiti, magari andando anche a caccia di qualche transfuga. E, in caso di un centrodestra al governo, è chiaro che proprio a lui toccherà una poltrona (e pure pesante) da ministro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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