Uno degli aspetti più odiosi della campagna elettorale italiana,è il tentativo di utilizzare media e politici stranieri come strumento per attaccare i propri avversari interni, un modus operandi a cui la sinistra è da tempo abituata e che non ha rinunciato a mettere in campo nemmeno in questa occasione. La possibile vittoria del centrodestra e l'ipotesi di Giorgia Meloni presidente del Consiglio, hanno determinato una campagna mediatica senza esclusioni di colpi non solo limitata a giornali, riviste e programmi tv italiani ma anche da parte degli omologhi stranieri. Le accuse sono sempre le stesse: pericolo fascista, estremismo, destra radicale, onda nera, deriva filorussa...
Ultimo in ordine di tempo è il settimanale tedesco Stern, che ha dedicato la copertina alla leader di FdI definendola «La donna più pericolosa d'Europa» con un sottotitolo emblematico: «La postfascista Giorgia Meloni può vincere le elezioni in Italia con l'aiuto degli amici di Putin». Il reportage, che si apre con il titolo interno: «Veleno biondo - Si presenta come cristiana, moderna e innocua. Allo stesso tempo Giorgia Meloni vuole trasformare l'Italia in uno stato autoritario, se vincerà le elezioni», è un insieme di stereotipi e luoghi comuni che, più di un'indagine giornalistica, assomiglia a un manifesto politico in cui si va dagli attacchi sui temi etici a quelli in politica estera.
Accuse che i giornalisti tedeschi devono aver ripreso da Enrico Letta, reduce da un recente viaggio in Germania dove ha incontrato i vertici dell'Spd. Non a caso il leader dem ha affermato: «L'idea di cedere ai ricatti di Putin è fuori dal mondo, spero che il voto del 25 settembre sia anche un voto su questo cioè che gli italiani non votino per gli amici di Putin».
Si tratta di una narrazione pericolosa perché il confine tra una campagna elettorale anti-destra e dichiarazioni anti-italiane è molto labile. Se infatti dovesse vincere il centrodestra, il rischio che queste dichiarazioni si trasformino in uno strumento da utilizzare contro gli interessi nazionali italiani, è concreto.
D'altro canto, anche il quotidiano francese Le Figaro parla di un «rischio dell'estrema destra italiana»; sulla stessa falsariga il Financial Times, che mette in guardia dal rischio che «l'Italia volti le spalle a Bruxelles»: parola di De Benedetti.
Sebbene quella attuale sia stata una campagna elettorale molto più breve rispetto al solito, già dai primi giorni non si sono sprecati gli attacchi a un eventuale governo di centrodestra a partire dall'articolo del New York Times di questa estate in cui, riferendosi a una possibile ascesa al governo di Giorgia Meloni, il quotidiano americano scriveva «Il futuro è l'Italia. Ed è tetro».
Purtroppo il vizio della stampa straniera di distribuire patenti di legittimità ai leader italiani (ovviamente se di centrodestra), è duro a morire. Celebre la copertina di The Economist nel 2001 contro Berlusconi: «Why Silvio Berlusconi is unfeat to led Italy». Il settimanale economico britannico negli anni ha dedicato varie prime pagine all'ex premier tra cui: «Mamma mia. Here we go again». Non è stato da meno Time, che nel 2011 attaccò Berlusconi in prima pagina titolando: «L'uomo dietro l'economia più pericolosa del mondo».
Si sprecano gli articoli contro Matteo Salvini nel periodo di massima ascesa della Lega dopo le europee tra cui la copertina di Time in cui il leader leghista veniva definito «zar dell'immigrazione in Italia, in missione per disfare l'Unione Europea». Di solito queste campagne mediatiche non solo hanno sortito poco effetto ma hanno generano un effetto boomerang rafforzando i leader e i partiti che le subiscono. Sarà la stessa cosa anche il 25 settembre?
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