Una sedia vuota pronta per il presidente iraniano Ebrahim Raisi. Nell'altra la reporter Christiane Amanpour a capo scoperto che lo aspetta. In questa immagine c'è lo scontro tra la teocrazia di Teheran e i valori dell'occidente. Alla fine l'intervista, già concordata con la Cnn, non ha avuto luogo poiché la giornalista britannica di origine iraniana non ha accettato di indossare il velo a New York.
È stata la stessa Amanpour a raccontare la vicenda su Twitter. «Le proteste attraversano l'Iran e le donne bruciano l'hijab dopo la morte della scorsa settimana di Mahsa Amini, in seguito al suo arresto da parte della polizia della moralità. Nelle ultime ore, la tv di Stato di Teheran ha dichiarato che i morti sarebbero 17. La ong con sede a Oslo Iran Human Rights dichiara che i civili uccisi sarebbero almeno 31. Volevo chiedere questo e molto altro al presidente Raisi. Sarebbe stata la sua prima intervista su suolo americano, durante la sua visita a New York per l'Assemblea generale delle Nazioni Unite - continua Amanpour - . Dopo settimane di pianificazione e otto ore di preparativi per traduzione, luci e telecamere eravamo pronti. Ma neanche l'ombra del presidente Raisi. Quaranta minuti dopo l'inizio previsto dell'intervista, è arrivato un assistente. Il presidente, ci ha detto, suggeriva che indossassi il velo, perché ci troviamo nei mesi sacri di Muharram e Safar. Ho gentilmente rifiutato. Siamo a New York, dove non c'è legge o tradizione che riguarda il velo. Ho fatto notare che nessun precedente presidente iraniano aveva fatto questa richiesta quando li ho intervistati fuori dall'Iran. L'assistente ha chiarito che l'intervista non sarebbe avvenuta se non avessi indossato il velo. Ha detto che era una questione di rispetto e ha fatto riferimento alla situazione in Iran alludendo alle proteste nel Paese. Ancora una volta, ho ripetuto che non potevo accettare questa condizione senza precedenti e inaspettata. E così ce ne siamo andati. L'intervista non c'è stata. Credo - ha spiegato la reporter - che non voglia essere visto con una donna senza velo nel momento in cui nel suo Paese infuriano le proteste».
Nel frattempo sulle strade di 22 città del Paese non si placano le manifestazioni. E gli Usa hanno annunciato sanzioni contro la «polizia morale» e inserito sette alti funzionari nella lista nera. Anche la ministra degli esteri tedesca Annalena Baerbock ha denunciato quanto accaduto: «Questo brutale attacco contro donne coraggiose è un attacco all'umanità». Negli ultimi giorni le autorità hanno censurato internet e «spento» Instagram e Whatsapp. I Pasdaran hanno avvertito: chi diffonde «notizie false» sarà punito.
Ma la piazza continua a infiammarsi. È stato bruciato a Kerman (sua città natale) il poster di Qassem Soleimani. Il gesto dei manifestanti è una sfida nei confronti del regime iraniano e una presa di posizione dura contro l'assassinio di Amini.
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