Per una volta lo streaming lo vorremmo noi. Perché quello che andrà in scena oggi alle 12 e 15 a Roma è un incontro quantomeno surreale e, fino a pochi giorni fa, del tutto inaspettato. Mario Draghi e Beppe Grillo. Uno davanti all'altro. L'uomo più sobrio d'Europa e il comico più sboccato d'Italia. Il banchiere e il giullare. L'uomo delle istituzioni e quello che voleva sventrarle come una scatoletta di tonno. Il premier (incaricato) senza Facebook e senza Twitter e l'uomo che ha costruito un soggetto politico partendo proprio dal web. La marcia su Roma di Grillo, annunciata poco prima delle consultazioni, piomba sui pentastellati come un macigno e fa barcollare l'ipotesi di Conte di mettere le mani sul Movimento: il comico scende nella Capitale per affermare il suo personale diritto di proprietà sul partito. Purtroppo, come dicevamo prima, non potremo mai ascoltare la conversazione tra i due, anticipata ieri da una lunga telefonata. I dettagli di questo irrituale incontro rimarranno per sempre custoditi dalle ovattate pareti dei palazzi romani. Però possiamo ricordare le parole che Beppe Grillo, nel corso degli anni, ha rivolto all'ex capo della Bce. E non sono certo parole d'amore.
Nel corso degli anni, ovviamente, anche Draghi è caduto sotto i colpi della furia verbale del fondatore pentastellato. Non poteva essere altrimenti, ci sono passati tutti. Facciamo un balzo indietro nel tempo. Siamo nel 2014 e le prime pagine dei giornali sono monopolizzate dai guai del Monte dei Paschi di Siena. Grillo cavalca la protesta e si precipita all'assemblea dei soci nella città toscana. Attacca tutti: dal Partito democratico ai vertici della banca. E, per non saper né leggere né scrivere, se la prende anche con l'allora presidente della Banca centrale europea: «I vertici del Pd dal 2005 ad oggi vengano processati e anche la Consob, la Banca d'Italia e forse anche Mario Draghi». Pochi mesi dopo, sul suo blog, pubblica un comunicato della delegazione grillina al parlamento europeo nel quale, ancora una volta, volano insulti all'indirizzo di Supermario: «Mario Draghi è una Mary Poppins un po' suonata che tira fuori dalla sua borsetta sempre le stesse ricette». Sempre nel 2014, dal palco del Circo Massimo, il cofondatore del movimento, Casaleggio, tuona contro l'attuale premier incaricato: «Ieri La Repubblica titolava: Draghi, I governi senza riforme saranno cacciati. Questo signore è un banchiere e non può darci ordini. La mia sovranità dovrà prendersela con le armi, non con una lettera». Non crediamo che oggi si presenti armato alle consultazioni. Nel 2015 è in prima fila per difendere l'ultra sinistra di Tsipras e il numero uno della Bce finisce ancora nella lista dei cattivi: «Atene non può essere lasciata sola ed occorre un forte sostegno contro il rigore berlinese, contro Draghi e contro l'Unione Europea». Poco dopo pubblica sul suo blog una delirante intervista a un sedicente esperto di massoneria che, dopo aver dato sfogo al più trito complottismo, parla di Draghi come di un «protagonista delle Ur-Lodges (che sarebbero delle super logge massoniche, ndr) che stanno guidando i processi di destrutturazione sociale ed economica europea».
Nel 2017, quando con larghissimo anticipo, si inizia a parlare di un «partito di Draghi» Grillo sbraita dal suo blog: «Comanda il popolo, non Draghi» per poi lasciare imbracciare il mitra ad Elio Lannutti: «Il Presidente Bce Mario Draghi, invece di affermare che l'euro è irreversibile continuando a foraggiare le banche con migliaia di miliardi di euro, regalati ai banchieri amici per taglieggiare le imprese e drogare i mercati, farebbe meglio a proporre una revisione dei Trattati europei capestro». Questa era la linea dei Cinque stelle.
Oggi invece Beppe Grillo va dal suo arcinemico con un animo assolutamente
diverso e siamo certi che non dirà nulla di quello che, nel corso degli anni, ha scritto sul blog e berciato dai palchi di mezza Italia. Probabilmente, come un Di Maio qualunque, dirà: «Mi ha fatto un'ottima impressione».
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