"Da giurista dico: appellarsi alla Corte europea è stato un errore"

Il togato Manca stigmatizza il decreto del tribunale romano: "Il caso dei 12 migranti è diverso da quello della sentenza Cedu"

"Da giurista dico: appellarsi alla Corte europea è stato un errore"
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La magistratura ha «esondato dai propri poteri», come rimarca Nordio, o sui 12 migranti ha solo applicato le norme, in quanto vincolata da una sentenza della Corte di Giustizia Ue, come dice il presidente dell'Anm Santalucia? «Esprimo, ovviamente, solo la mia personale convinzione, da cittadino e giurista, e tuttavia credo che quella sentenza della Corte di Giustizia, quanto ai casi esaminati dalla sezione immigrazione del tribunale di Roma, non fosse vincolante», spiega al Giornale Ettore Manca, componente del Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa e presidente della seconda sezione del Tar di Lecce. «La Curia prosegue Manca è stata investita da un tribunale ceco con riguardo alla posizione di un cittadino moldavo che aveva chiesto asilo, rigettato dal ministero dell'interno di Praga in quanto la Moldavia è considerata un Paese d'origine sicuro, fatta eccezione per la regione della Transnistria, de facto indipendente e sotto influenza russa. E la Corte Ue, investita della questione, ha chiarito che se un Paese d'origine ha al suo interno porzioni territoriali che non sono sicure, quel Paese in toto non può essere considerato sicuro». Una situazione ben diversa da quella su cui ha deciso il tribunale di Roma. Perché, spiega il giudice amministrativo, «per Egitto e Bangladesh, entrambi nell'elenco dei Paesi di origine sicuri per i richiedenti protezione internazionale del governo, non c'è un problema di parti del territorio non sicure, ma semmai di sicurezza per determinate categorie di persone: per esempio gli LGBTQI+ in Bangladesh e gli oppositori politici in Egitto. Ma il tribunale di Roma nella sua decisione ha traslato il ragionamento che la Corte del Lussemburgo aveva fatto per gli Stati parzialmente sicuri da un punto di vista geografico al punto di vista delle categorie di persone». Siamo di fronte a una forzatura? «Forzatura è un'interpretazione che porta alle estreme conseguenze un principio», spiega Manca, «ma qui quel principio non poteva essere proprio applicato o, comunque, certamente non poteva essere considerato vincolante per il giudice italiano, proprio perché i casi portati al suo esame erano totalmente diversi da quello sul quale c'era stato il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia». Insomma, è «un errore di diritto, tecnico-giuridico. Se le decisioni fossero state motivate in maniera diversa, entrando nel merito dell'appartenenza dei migranti a determinate categorie di persone meritevoli di protezione internazionale problemi di gender, perseguitati politici forse sarebbero state condivisibili». Ma i decreti «non contengono alcuna motivazione sul fatto che i richiedenti asilo appartenessero a una categoria fragile.

S'è ritenuta vincolante la pronuncia della Corte di Giustizia, facendo poi a meno di un'indagine in concreto sulla situazione di quegli specifici migranti», spiega Manca: «Così però aggiunge - il tribunale ha stabilito che il Paese che discrimina i gay o i dissidenti diventa di per sé e automaticamente un Paese di origine non sicuro per qualsiasi richiedente asilo, a prescindere da una verifica della sussistenza di un'effettiva situazione di pericolo». E dunque «diretta conseguenza - conclude Manca - dei decreti del tribunale di Roma è che Egitto e Bangladesh non sono più Paesi di origine sicuri. Questo, però, dovrebbe deciderlo il governo, non la i giudici».

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