Giustizia, il doppio fronte dei sovranisti: reato di tortura e patria potestà delle detenute

Sinistra sulle barricate per l'idea di togliere i figli alle madri condannate

Giustizia, il doppio fronte dei sovranisti: reato di tortura e patria potestà delle detenute

Via il reato di tortura e via anche la patria podestà per le madri recidive. Fratelli d'Italia prova a imprimere un'accelerazione sulla sua idea di giustizia. Ieri è stato infatti assegnata alla Commissione giustizia della Camera la proposta di legge (avanzata dal partito della premier) di abrogazione del reato di tortura, introdotto soltanto nel 2017. E nelle stesse ore il viceministro degli Esteri, Edmondo Cirielli, ha lanciato un'altra proposta: togliere la patria podestà alle donne che vanno in carcere per reati gravi con sentenza passata in giudicata. Proposta che arriva all'indomani dell'infuocato dibattito seguito al ritiro, da parte del Partito democratico, del suo disegno di legge a prima firma Debora Serracchiani sulle detenute madri. Ritiro motivato dal peggioramento della stessa legge dopo gli emendamenti presentati dal centrodestra e approvati in Commissione che prevedevano il carcere per le madri in caso di recidiva e cancellavano il differimento della pena per le donne incinte o con un figlio che abbia meno di un anno.

La possibile abrogazione del reato di tortura ha spinto sul piede di guerra le opposizioni. Ilaria Cucchi (Sinistra italiana) si appella direttamente al capo dello Stato per impedire che venga toccata la norma. Nelle file dell'opposizione i commenti più «benevoli» definiscono la proposta di FdI «agghiacciante». Il capogruppo alla Camera Tommaso Foti, però, non ci sta. E replica che l'idea della sua abrogazione è il primo passo per una reintroduzione del reato dopo essere stato «tipizzato» in maniera più efficace. E il suo compagno di partito, nonché vicepresidente della Camera dei deputati, Fabio Rampelli, respinge l'accusa nel campo dell'opposizione bollando la polemica come l'ennesima e «stucchevole guerra delle parole».

Ma è sempre sulle parole e sul loro significato profondo che l'opposizione si muove. Matteo Renzi, a esempio, su Twitter boccia l'idea di Cirielli. «Togliere la patria potestà alle madri condannate significa capire poco di diritto - commenta il leader di Italia viva - ma significa soprattutto non capire nulla di umanità. I membri del governo Meloni devono smetterla con queste uscite da bar e pensare a governare, se ci riescono».

Mentre il dem Alessandro Zan parla di follia, più articolato risulta il ragionamento della sua compagna di partito Serracchiani che chiama in causa il Guardasigilli e la sua fama di esemplare garantista. «Qualcosa è cambiato - suggerisce la capogruppo dem alla Camera - ,e il Nordio garantista appare un ricordo sbiadito.

Come testimonia anche la scelta di avallare la linea vergognosa e disumana assunta da Lega e Fratelli d'Italia sulla legge relativa alle madri detenute che, invece di portare fuori dalle carceri i piccoli, intendono aprire le porte per farne entrare di più. E già che ci siamo aboliamo anche il reato di tortura! Ministro, dov'è finito Carlo Nordio?»

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