Giustizia, manca il software. E i pagamenti restano al palo

Altro che rivoluzione digitale: la semplificazione si sta scontrando con burocrazie e inefficienze

Giustizia, manca il software. E i pagamenti restano al palo

Altro che modernizzazione: per adesso il passaggio dalla carta al computer nei tribunali italiani ha portato a rallentamenti, intoppi, situazioni surreali. Il nobile intento di semplificare le pratiche e le code, e svuotare da tonnellate di fascicoli gli armadi delle cancellerie, si sta scontrando con plateali inefficienze. L'ultima in ordine di tempo non riguarda solo gli avvocati e gli imputati ma chiunque abbia rapporti di lavoro con l'amministrazione della giustizia, compresi periti, fornitori, giudici onorari eccetera. Dal 6 giugno scorso il ministero non accetta più fatture su carta: chi ha lavorato per la giustizia, se vuole vedersi pagato deve inviare la fattura elettronica. Peccato che le fatture non vengano pagate per il semplice motivo che il ministero ha obbligato tutti a fornirsi (a pagamento) dei software necessari, ma lui il software non ce l'ha ancora. Così da tre mesi è tutto fermo, resterà fermo almeno un altro mese: e poi? Poi si vedrà.

Il 6 giugno, al momento dell'entrata in vigore dell'obbligo di fattura, un malinconico comunicato del tribunale di Milano scriveva che «alla data odierna non ci sono ancora state fornite indicazioni sulle modalità operative di ricezione», promettendo aggiornamenti in un prossimo futuro. Silenzio. Il 28 luglio, l'Ordine degli avvocati ha chiesto l'intervento del ministro della Giustizia, Andrea Orlando. A metà agosto, un nuovo comunicato annuncia che qualcosa si è sbloccato, il protocollo informatico che gestisce i codici di fatturazione, e che a fine settembre si potrà iniziare a lavorare le fatture. Il problema è che il sito del ministero dove le fatture digitali vanno compilate non è ancora attivo, e non ci sono notizie su quando lo sarà.

Gli addetti ai lavori giurano che, se e quando entrerà a regime, il sistema migliorerà la vita di tutti gli abitanti del pianeta giustizia. Ma per ora anche questo pasticcio va ad aggiungersi alla lunga lista di doleances che dall'interno dei palazzi di giustizia viene contro la digitalizzazione forzata del processo, specialmente in sede civile, portata avanti nonostante l'esempio di paesi come la Germania dove si è ritenuto che, a conti fatti, il gioco non valesse la candela. In una intervista al blog Giustiziami il giudice milanese Federico Rolfi, della giunta dell'Associazione magistrati, ha affermato addirittura che «il processo civile telematico ha rallentato i tempi del giudizio civile e presenta degli inquietanti profili di sicurezza».

Oltre alla difficoltà di leggere sul videoschermo centinaia di pagine di documenti in formato elettronico, i magistrati lamentano l'allungamento a dismisura della durata delle udienze, visto che ora sono solo i giudici a dover provvedere personalmente a battere alla tastiera il verbale che prima veniva manoscritto dalle parti. E si arriva al paradosso che assieme alla copia digitale degli atti si continua a chiedere il deposito di una copia cartacea «di cortesia».

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