La giustizia tributaria non è stata mai simpatica al legislatore.
A distanza di 28 anni dalla riforma la situazione è peggiorata. Il legislatore non sta offrendo il meglio di se stesso e mostra indifferenza per un settore vitale per i contribuenti e il Fisco. Nel decreto Cura Italia il processo tributario è evocato solo nell'ultimo comma dell'articolo 83, ove si afferma che tutte le disposizioni contemplate si applicano, in quanto compatibili, anche alle commissioni tributarie. Il legislatore ha lasciato i capi degli uffici giudiziari arbitri di stabilire se e come celebrare le udienze nel periodo di sospensione, dal 9 marzo al 31 luglio. Nel tentativo di favorire il collegamento da remoto (L. n. 119/18) e per preservare la discussione in aula alla presenza del giudice, il decreto n. 28 del 30 aprile ha previsto che lo svolgimento dell'udienza debba avvenire con la presenza del giudice nell'ufficio giudiziario. Il decreto rilancio n. 34, ieri in Gazzetta Ufficiale, contiene una norma di senso opposto (articolo 135) ovvero andrebbe riscritta per evidenti contraddizioni logiche (resta un mistero quale sia l'aula di udienza) e per le implicazioni sulla tenuta del sistema delle garanzie processuali. Una norma a regime è stata modificata da altra norma collocata all'interno di un testo dettato dall'emergenza. C'è di più: se effettivamente la disposizione fosse volta ad attribuire anche alle altre parti, diverse da quelle processuali, la scelta del luogo da remoto, segnatamente anche al giudice, sarebbe inammissibilmente cancellata l'aula di udienza quale luogo istituzionale della trattazione. Per il processo telematico (legge 2018) la norma ora modificata stabiliva che «il luogo dove la parte processuale si collega in audiovisione è equiparato all'aula di udienza» e al suo interno si collocava il giudice (che non è parte processuale). Con la modifica introdotta si dice che la partecipazione alle udienze può avvenire tra l'aula di udienza e «il luogo del collegamento da remoto del contribuente nonchè dei giudici tributari...» e si aggiunge che «il luogo dove avviene il collegamento è equiparato all'aula di udienza».
Se la finalità della norma fosse, come sembrerebbe, di allargare gli usci e fissare un qualunque locus ideale e virtuale dove tutto diventi aula di udienza e ognuno, compreso il giudice, possa stabilire dove collegarsi, sarebbe un sovvertimento del sistema, contrastante col nostro diritto positivo e con quello della Convenzione Edu, in virtù del quale «l'accesso alla sala di udienza può essere vietato durante tutto o parte del processo nell'interesse della morale, dell'ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica quando lo esigano o nella misura giudicata strettamente necessaria dal Tribunale». Ciò che è precario non può diventare stabile. Come è stato detto da qualcuno, la giustizia, in senso procedurale, è la misura dell'accettabilità politica e morale delle potestà con le quali la stessa viene amministrata.
Piuttosto che ad una legislazione di emergenza siamo di fronte all'emergenza di una legislazione e ad una deriva dei poteri costituzionalmente protetti, nella misura in cui il diritto di difesa incontra ostacoli al proprio esercizio e al proprio naturale dispiegarsi.
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