Gloria e Marco morti nel rogo: il risarcimento della vergogna

Per i due studenti vittime alla Grenfell Tower, indennizzo di 68mila euro. Le famiglie: "Non li accetteremo mai"

Gloria e Marco morti nel rogo: il risarcimento della vergogna

C'è la vita, c'è la morte e nessuna delle due ha un'asola, un'etichetta a cui appendere un cartellino del prezzo. Ma siccome la giustizia degli umani solo questo può fare per dare un senso a quello che un senso non ha, emettere fattura alla vita e al suo non esserci più, che almeno in questo assegno lordo di dolore ci sia una cifra dignitosa. Perché se nessun tesoretto per quanto copioso può restituire la vita di due giovani, un risarcimento troppo basso aggiunge la rabbia al dolore e insulta gli dei della misericordia.

Gloria Trevisan e il fidanzato Marco Gottardi morirono nella notte tra il 13 e il 14 giugno 2017, tre anni fa tondi tondi, a Londra, nella brutta torre dove avevano trovato un appartamento alla misura disponibile dei loro sogni. Fu un incendio a soffocarli, in quel palazzo vivevano seicento persone e loro due furono tra i settantadue che non trovarono salvezza, anche perché abitavano a uno degli ultimi piani e le pompe dei vigili del fuoco non avevano abbastanza pressione per raggiungerli. Ora il processo che mette alla sbarra le tante persone e aziende che hanno un pezzettino di responsabilità in quell'inferno suburbano ha fissato il risarcimento che spetterebbe alla famiglia di ogni morto in base a un accordo stragiudiziale: dalle 10mila alle 60mila sterline. Nel caso migliore, 68mila euro.

Sessantottomila euro, ditelo anche voi e sentite come suona. Il costo di un box auto in centro, di una barca usata, non quella di una vita interrotta al suo inizio, perché Marco aveva 27 anni e Gloria addirittura 26. «È questo il valore dei nostri ragazzi perduti?», urlano le due famiglie mentre l'avvocato Maria Cristina Sandrin, che segue i Trevisan, nemmeno vuole parlarne: «Non accetteremo mai. Qui qualcuno ignora lo choc psicologico di una famiglia che non solo non ha più la propria figlia ma che ha vissuto la morte in diretta fino all'ultimo istante».

La storia di Gloria e Marco non fu solo quella di un amore soffocato, di due vite calpestate, ma anche quella di una tragedia che le famiglie dei due ragazzi seguirono quasi in diretta. I due vivevano al ventitreesimo piano della Grenfell Tower, un brutale palazzone che ne impilava ventiquattro a North Kensington, un alveare costruito nei primi anni Settanta per ospitare vite che badano al sodo, che non possono permettersi maggiori ambizioni residenziali. Quando all'1 di notte del 14 giugno scoppiò un incendio in un appartamento del quarto piano per un corto circuito causato da un frigorifero difettoso, i due si trovarono prigionieri lassù, a sessanta metri da terra, assediati da fiamme e fumo. Chiamarono i genitori in Italia, i racconti furono sempre più drammatici. Quando capirono che per loro non c'era più nulla da fare li salutarono con amore e coraggio. Un amore e un coraggio che non hanno per tariffa qualche centinaio di banconote da 100 sterline.

Al processo in corso a Londra sul tavolo degli imputati c'è la Whirlpool, produttrice del frigorifero difettoso; c'è la Aconic, che realizzò i pannelli di rivestimento del palazzone che hanno favorito il propagarsi delle fiamme; c'è la Rbck, proprietaria dell'immobile, e la Rydon che aveva in appalto la manutenzione evidentemente carente di un palazzo che era una trappola per umani; e poi altre aziende, i vigili del fuoco che presero in quelle drammatiche ore decisioni scellerate come ordinare agli inquilini dei piani alti di

restare in casa quando forse avrebbero ancora potuto fuggire, perfino il Dipartimento dell'immigrazione della sicurezza e della costruzione degli alloggi per le comunità. Tanti possibili colpevoli di morti così a buon mercato.

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