Il governo risponde alla piazza. Intanto con accorate rassicurazioni, prima di porre mano a impegni più concreti. Renato Brunetta, ministro per la Pubblica amministrazione, e Andrea Orlando al responsabile del Lavoro, annunciano una reazione concreta dell'esecutivo per evitare quella che i sindacati già chiamano «bomba sociale» e che, sempre secondo i sindacati, deflagrerà dal primo luglio quando decadrà il blocco dei licenziamenti. Una misura tanto attesa dalle imprese, fiaccate dal lockdown e che vedono nella ripresa economica un'occasione da afferrare con il massimo di elasticità possibile, ma altrettanto temuta dai rappresentanti dei lavoratori
Il rischio sociale, però, c'è. E una risposta del governo deve arrivare al più presto. Brunetta immagina una soluzione simile al «patto sociale» sul costo del lavoro siglato nel '93. «Siamo in una fase di transizione dobbiamo tenere alta la protezione sui lavoratori - spiega il ministro della Pubblica amministrazione -, ma dobbiamo nel contempo favorire la crescita economica. Questo lo si fa con un grande patto per la coesione come quello imposto da Ciampi nel '93. Le risorse ci sono». Secondo l'economista di Forza Italia «è folle rischiare un conflitto sociale» quando è alle porte una sicura ripresa economica.
Un intervento ci sarà. Questa la promessa del ministro del Lavoro Andrea Orlando, che getta acqua sul fuoco. «Il rischio sociale esiste, ma non va drammatizzato - spiega l'esponente dem nel corso di Live in Firenze di SkyTg24 -. Anche quando ci sarà la ripresa non è detto che porti con sé una proporzionale ripresa occupazionale e non è detto che l'occupazione ritorni nei settori in cui si è perduta». Il governo si sta muovendo assicura il ministro, «guardando ai settori che hanno sofferto di più».
Le istanze dei sindacati e le manifestazioni di ieri sono comunque la punta di un iceberg da tenere comunque sotto costante osservazione. Il vicesegretario del suo partito, Giuseppe Provenzano, sfrutta la ribalta di Twitter per chiedere al governo una concreta attenzione al problema. «Quando le piazze chiedono centralità del lavoro e partecipazione - scrive -, il governo ha il dovere di ascoltare e trovare soluzioni. La coesione sociale è una responsabilità che riguarda tutte le forze politiche». E lo stesso segretario Letta concorda che il governo si deve impegnare «ma con un approccio selettivo». Dunque niente proroga del blocco dei licenziamenti ma aiuti ai settori ancora penalizzati (come il tessile e l'industria dell'auto) a differenza di altri, come il comparto dell'edilizia, che hanno già da tempo ripreso vigore grazie ai sostegni del governo.
Dall'opposizione LeU torna a chiedere, per voce del senatore Francesco Laforgia e della capogruppo di Montecitorio, Loredana De Petris, il prolungamento del blocco almeno fino alla fine di ottobre, i partiti che sostengono il governo pensano sì al ritorno di un confronto tra le parti sociali ma anche a misure che non prevedano la prosecuzione del blocco. «Siamo pronti ad ascoltare i sindacati - spiega il coordinatore azzurro Antonio Tajani -, bisogna trovare una soluzione positiva. Il lavoro va difeso ma anche ricostruito, bisogna riconvertire i lavoratori».
Mentre il leader di Italia viva, Matteo Renzi, esclude che la fine del blocco dei licenziamenti possa costituire una «bomba sociale». «Siamo a un passo da una grande ripresa - dice l'ex rottamatore - Questa volontà di ripartenza credo che debba essere accompagnata dallo sforzo unanime della politica».
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