I leader, almeno all'inizio, non si sono presi. Ma i ministri della difesa si consultano spesso e sono diventati quasi amici. Guido Crosetto e il suo collega Sebastien Lecornu si vedono a Villa Madama, nella capitale, accompagnati da uno stuolo di generali. È un meeting tecnico- politico perché, nella cornice dell'alleanza internazionale che sostiene l'Ucraina, Italia e Francia sono chiamate a fare la propria parte. E il gioiello che arriva dalla collaborazione fra Roma e Parigi è l'ormai famoso «scudo» Samp-T, sviluppato con tecnologia mista. Samp-T agli occhi di Zelensky ha un pregio straordinario: è in grado di parare o meglio di neutralizzare le minacce che arrivano dal cielo. Traccia cento obiettivi e ne abbatte contemporaneamente dieci. Missili e droni. E questo per un Paese che deve fare i conti con gli ordigni lanciati dai russi ha un valore straordinario. Per questo Kiev ha spinto sul punto, chiedendo aiuto ai due Paesi, che dopo una laboriosa preparazione invieranno fra un paio di mesi, non prima, una batteria - per metà italiana, utilizzata finora per l'addestramento, e per l'altro 50 per cento francese - in Ucraina. Il governo sta preparando il sesto decreto sull'invio di armi, atteso per settimana prossima, e questi sofisticati dispositivi (l'Italia ne ha altri quattro) finiranno nella lista segretata dei materiali in partenza per il fronte. Ma non c'è solo il conflitto e le pressioni di Kiev e Washington per trasferire questa tecnologia a Kiev e metterla a disposizione dei generali di Zelensky che quotidianamente devono fronteggiare pesantissimi attacchi dai cieli.
Ci sono molto altri temi nell'agenda comune, dal Mediterraneo, solcato dai barconi della disperazione, al Sahel, una regione teatro delle incursioni di terroristi di matrice islamica che non si riesce a contenere. C'è solo l'imbarazzo della scelta in un contesto sempre più destabilizzato e incerto: il Libano, sull'orlo del collasso, l'Egitto, con cui abbiamo relazioni avvelenate dal caso Regeni, la Libia, decisiva per il nostro approvvigionamento energetico ma scossa da lotte tribale interminabili. A Tripoli oggi atterrerà la premier Giorgia Meloni e la situazione del paese preoccupa i partner europei che devono fronteggiare l'influenza sempre più marcata della Turchia. In realtà, affermano i presenti al summit di Villa Madama, l'Ucraina è stata liquidata rapidamente perché era già tutto chiaro e gran parte del faccia a faccia fra Crosetto e Lecornu è stato dedicato proprio agli altri scenari di crisi. Italia e Francia provano a muoversi mettendo in comune idee e risorse: non a caso prosegue il lavoro, per creare una brigata comune, con esercitazioni congiunte sulle Alpi.
Del resto mancano pochissimi giorni all'entrata nel vivo del Trattato del Quirinale, firmato da Draghi e Macron, e non sono in gioco solo belle parole, ma l'accelerazione di un processo di integrazione sempre più forte ed esteso. Insomma, Macron e Meloni hanno litigato sulla spinosa questione dei migranti e sull'eterna querelle della redistribuzione dei profughi, ma i due paesi marciano compatti, sempre più allineati in un contesto che assomiglia sempre più a un vulcano. E dove, esaminate tutte le crisi si finisce sempre per puntare i riflettori sul disastro ucraino. Come fa Crosetto, in margine a un convegno: «Sto vivendo questo periodo con grande difficoltà personale, sono visto come quello delle armi, quello che vuole la guerra. Secondo me la III guerra mondiale inizierebbe nel momento in cui i carri armati russi arrivassero a Kiev e ai confini dell'Unione Europea.
Qualsiasi incidente o evento casuale potrebbe dare luogo a un'escalation che non sarebbe più soltanto la guerra in Ucraina». «Impedire che questo accada è l'unico modo per fermare la III guerra mondiale e chi dice qualcosa di diverso non conosce la realtà». La linea non cambia, ma questa volta Roma e Parigi sono più vicine.
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