Il governo risolve il pasticcio Irpef

L'emendamento di Forza Italia e Lega corregge il calcolo delle aliquote per il 2025

Il governo risolve il pasticcio Irpef
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Basta un emendamento per sistemare il pasticcio sull'Irpef, frutto del mancato coordinamento tra vecchie e nuove norme fiscali. Dopo l'allarme lanciato dai sindacati sul rischio che gli acconti vengano calcolati con il vecchio regime a quattro scaglioni anziché tre, la Lega e Forza Italia hanno presentato emendamenti al decreto sulla Pubblica amministrazione «per consentire l'applicazione delle nuove aliquote del 2025 per la determinazione dell'acconto» e modificare la situazione, come nei giorni scorsi aveva annunciato il governo «in tempo utile per evitare ai contribuenti aggravi in termini di dichiarazione e di versamento».

Banalmente sarebbe bastata l'abrogazione della disposizione del decreto 216/2023 che recita testualmente: «Per l'anno d'imposta 2024, al fine di determinare gli acconti Irpef 2025 e 2026 relativi ai periodi d'imposta 2024 e 2025 si assume, quale imposta del periodo precedente, quella determinata secondo gli scaglioni e le aliquote Irpef (23%, 25%, 35% e 43%) e la detrazione per redditi di lavoro dipendente vigenti al 31 dicembre 2023 (1.880 euro)».

«C'è estrema fiducia da parte di Forza Italia sia per la sua approvazione sia per i tempi rapidi con cui verrà convertito il decreto in modo che questa norma diventi attuativa, sottolinea al Giornale Chiara Tenerini, responsabile del dipartimento Lavoro di Forza Italia e capogruppo azzurra in commissione Lavoro. L'emendamento anticipare la correzione già promessa dal ministero dell'Economia, come spiega il leghista Alberto Gusmeroli che ha firmato quello leghista. «L'obiettivo era di non penalizzare i lavoratori dipendenti e pensionati», spiega l'esponente del Carroccio.

La sinistra ne approfitta per sparare a zero contro il governo di Giorgia Meloni: «Stanno distruggendo la progressività dell'imposizione fiscale, ora tentano una correzione con un inutile emendamento, privo di copertura finanziaria», tuona il capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra in commissione Affari costituzionali della Camera Filiberto Zaratti. In realtà, secondo i calcoli e le simulazioni del Mef, la misura vale circa 250 milioni. L'appello di Cgil e Caf al ministro Giancarlo Giorgetti e al viceministro Maurizio Leo per «intervenire con la massima urgenza» è servito e renderà immediatamente operativi l'accorpamento delle aliquote Irpef e l'applicazione delle nuove detrazioni anche per il calcolo degli acconti.

Quando si parla di Irpef, il tema si sposta sui dubbi della maggioranza sull'uso del «tesoretto» da 1,6 miliardi del concordato preventivo biennale (che potrebbe salire a 2 miliardi): meglio tagliare le tasse per i redditi sopra i 50mila euro o cancellare gli oltre 1,2 miliardi di cartelle con la maxi rottamazione Quinques che vuole la Lega e che i tecnici di Corte dei Conti, Mef e Ufficio parlamentare di Bilancio hanno messo in discussione?

«La rottamazione delle cartelle e la riduzione delle aliquote Irpef al ceto medio non sono provvedimenti alternativi, fra cui si debba scegliere», è la replica dello stesso Gusmeroli, che difende la proposta della Lega di rateizzazione in 10 anni, con 120 rate mensili tutte uguali, senza sanzioni né interessi, dai rischi di un gettito incerto. Le critiche maggiori riguardano le 8 rate «saltabili» prima di perdere i benefici e il combinato disposto che renderebbe difficile far scattare la riscossione coatta.

«In realtà permettere al cittadino di pagare sia l'arretrato sia l'anno corrente evita di generare nuove cartelle e renderebbe strutturale il maggior gettito», generando dunque nuove risorse da usare per tagliare l'Irpef». Il dibattito nella maggioranza è destinato a durare a lungo.

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