Il governo si schianta anche su Alitalia: verso la statalizzazione

Patuanelli si arrende: «Il consorzio con le Fs non c'è più». Poi rispolvera la vecchia Iri

Il governo si schianta anche su Alitalia: verso la statalizzazione

Alitalia precipita e al governo giallorosso si arrende. Una soluzione di mercato per l'ex compagnia di bandiera non c'è e neppure è «a portata di mano», ammette lo stesso premier Giuseppe Conte. Ancora più drastico è Stefano Patuanelli, ministro dello Sviluppo economico che, in audizione alla commissione Industria in Senato, cancella ogni ipotesi di rinascita del consorzio salvagente guidato da Fs, a cui si stava lavorando da oltre un anno.

«Certamente non è possibile una proroga al consorzio che si stava costituendo perché quella strada non c'è più» dopo «la scelta di Atlantia di sfilarsi il giorno prima» attacca Patuanelli. Ma a pesare sono anche la freddezza dell'americana Delta, che resta ferma su un impegno di 100 milioni per il 10%, e il braccio di ferro di Lufthansa. I tedeschi ripetono che, in assenza di una ristrutturazione, possono pensare a un asse commerciale ma non a un ingreso nel capitale. Una settimana fa Fs, dopo il passo indietro di Atlantia, aveva già ammesso di non essere in grado di costituire il consorzio per rilevare il vettore aereo in amministrazione straordinaria dal 2017.

E se Conte sostiene che «Fs e Delta restano disposti a prendere parte a future iniziative», Patuanelli ribadisce: «Stiamo valutando diverse opzioni per risolvere la questione Alitalia, le dobbiamo valutare con attenzione». Per Stefano Buffagni, viceministro allo Sviluppo: «Siamo di fronte a un bivio: o si fa andare Alitalia nella direzione che prevede la norma o si trovano strade alternative per valorizzare gli asset. È arrivato il momento di prendere decisioni difficili».

Sullo sfondo si fa strada l'ipotesi di separare le attività di volo da quelle di terra. Ma il ministro ha escluso l'ipotesi di uno «spezzatino». Piuttosto fa riflettere l'elogio della vecchia Iri fatto dallo stesso Patuanelli: «Da un lato ci si dice che dobbiamo difendere l'interesse nazionale, dall'altro quando si pensa all'entrata dello Stato in certe tipologie di produzioni, a nazionalizzazioni, ci si dice: «Ma voi state tornando all'Iri». Se «serve sì».

E i sindacati lanciano l'allarme. «Sono molto preoccupato per come il governo sta gestendo la partita su Alitalia: le ultime dichiarazioni palesano una completa mancanza di strategia. Sembra quasi che a Roma brancolino nel buio» commenta a il Giornale Carlo Tarlazzi, segretario generale di UilTrasporti, che conferma lo sciopero del 13 dicembre. «E altri seguiranno» ribadisce il sindacalista. Sul piede di guerra anche Filt Cgil e Fit Cisl che rispediscono al mittente ogni ipotesi di ristrutturazione che non sia in grado di dare garanzie per il futuro e rivendicano il ritorno dei sindacati al tavolo delle trattative.

Il problema, a giudizio di Patuanelli, è la «dimensione di Alitalia», «una compagnia troppo grande per essere piccola e troppo piccola per essere grande». Lo stesso ministro sottolinea come da dieci anni «si tenti di privatizzare» il vettore senza successo, perdendo anche «l'occasione dell'asse con Air France e Klm». In questo arco di tempo Alitalia ha bruciato nove miliardi circa, compresi i 900 milioni di prestito ponte staccati nel maggio del 2017 dal governo per assicurare la sopravvivenza al gruppo e che ormai stanno per esaurirsi. Alitalia a fine ottobre poteva contare su 315 milioni in cassa che dovrebbero essere già scesi a 291,6 milioni.

Il governo infatti, aveva già messo in conto un nuovo prestito di 400 milioni, a condizione tuttavia che Fs presentasse un'offerta vincolante su Alitalia entro i termini previsti. In assenza di risorse finanziarie, il rischio è la messa in liquidazione di Alitalia con i suoi 11.600 posti di lavoro.

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