Il governo tedesco guarda al modello Italia-Albania

L'esecutivo socialista di Scholz sta valutando lo stesso protocollo sui richiedenti asilo. Il pressing della Cdu

Il governo tedesco guarda al modello Italia-Albania
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È più di una tentazione, quella espressa ieri dal governo tedesco. Secondo quanto spiegato a La Presse da un portavoce del ministero dell'Interno, anche la Germania lavora infatti per «esternalizzare» le procedure di asilo in un Paese terzo, cercando in buona sostanza di declinare, alla tedesca, il Protocollo Albania messo in campo dal governo Meloni: «Stiamo esaminando se lo status di protezione dei rifugiati possa essere determinato in futuro anche in Paesi di transito o in Paesi terzi», ha spiegato la portavoce, aggiungendo che «i risultati derivanti dall'attuazione dell'accordo tra Italia e Albania saranno inclusi nell'esame, che non è concluso e non si limita a un solo modello ipotizzabile».

Ma Berlino ha un problema: non può vantare quel «rapporto speciale» che Roma ha con Tirana. Il premier socialista Rama ha infatti dichiarato a Reuters-Tv di non voler condurre procedure d'asilo per la Germania: «Deve trovare un altro partner». «Se lo trova, sarebbe bello vedere se funziona allo stesso modo», ha aggiunto l'esponente di sinistra, scaricando Scholz nonostante da lui fu difeso al congresso del Pse nei giorni in cui il dem Peppe Provenzano voleva invece cacciarlo. Il cancelliere socialdemocratico prova allora a bussare altrove, nell'apertura di credito al principio messo a terra da Palazzo Chigi, Viminale e Farnesina.

Nel fine settimana Scholz ha fatto tappa in Turchia; per capire se ci sono margini almeno con Erdogan, per alleggerire gli oneri dell'accoglienza (magari in cambio dei caccia Eurofighter, su cui Berlino ha sempre frenato). I costi di gestione dei flussi e delle domande di asilo non sono solo economici, riflettono i tecnici tedeschi, ma sociali. Così la Germania intona il De profundis sull'accoglienza per come l'ha conosciuta finora. Torna alla realpolitik. Capriola politica di Scholz. E di tutto il governo a trazione socialdemocratica, verde e liberale: un semaforo ora concentrato sull'inasprimento delle norme e frontiere blindate; stretta anche sulla cosiddetta «protezione sussidiaria» allo studio e espulsioni più veloci in caso di rigetto della domanda, puntando ad attrarre manodopera qualificata. Ma Berlino naviga a vista. Pressato dall'estrema destra di AfD e dalla Cdu, Scholz le sta provando tutte per sbarazzarsi di quei migranti entrati illegalmente che non hanno diritto all'asilo e hanno commesso reati: lo ha già fatto ad agosto espellendo da Lipsia a Kabul 28 afghani grazie a negoziazioni preliminari passate per il Qatar. A Erdogan, ha ribadito la strada di deportare i criminali, non solo in Afghanistan ma anche in Siria. Anche questa, un'opzione declinata (in termini più complessivi) anche da Meloni, spronando l'Ue alla «normalizzazione» delle relazioni con Assad. Ieri è arrivato pure l'autorevolissimo parere di Gerald Knaus, l'ideatore dell'accordo con la Turchia del 2016, era Merkel, oggi più che mai sostenitore, spiega a Tagesschau24, della necessità di negoziare con Paesi terzi: «Se si disponesse di tali accordi e li combinassimo con canali legali, avremmo un sistema più umano di quello attuale».

Il liberale Joachim Stamp, Rappresentante per gli Affari migratori del governo, un mese fa ammetteva però che «nessun Paese terzo si è fatto avanti, a eccezione del Ruanda», dando comunque un obiettivo: dirottare in Africa o altrove circa 10mila persone all'anno.

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