Il governo va allo scontro. Meloni: "Subito un Cdm"

L'ira della premier che pensa a un decreto per stilare una lista di Stati: "Non spetta ai giudici stabilire se un Paese sia sicuro"

Il governo va allo scontro. Meloni: "Subito un Cdm"
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Nelle ore in cui molti paesi europei dichiarano di voler seguire il modello italiano sull'immigrazione, in Italia si celebra il processo Open Arms ai danni di Matteo Salvini e arriva la decisione della sezione immigrazione del tribunale di Roma di non convalidare il trattenimento dei migranti all'interno del centro di Gjader.

Un provvedimento che suscita stupore e rabbia a Palazzo Chigi, nonostante da alcuni giorni circolassero voci in tal senso. «Una parte politicizzata della magistratura vuole abolire i confini e sancire il diritto a migrare a proprio piacimento» è la reazione a caldo che trapela da fonti della Presidenza. Poche ore dopo da Beirut Giorgia Meloni ufficializza l'immediata contromossa: «Ho convocato un consiglio dei ministri per lunedì per risolvere questo problema e superare questo ostacolo perché penso che non spetti alla magistratura dire quali sono i Paesi sicuri ma al governo».

Proprio su questo, da quanto filtra, si sta lavorando in queste ore, ovvero sulla redazione di un decreto che non solo assegni al ministero degli Esteri il compito di indicare i paesi sicuri, come già oggi avviene, ma che inserisca l'elenco direttamente nella legge. Certo c'è la consapevolezza che i magistrati potrebbero comunque disapplicare la legge nazionale in quanto contraria al diritto europeo. Ma qualcosa si sta muovendo anche in Europa. Un regolamento, il 1348 del 2024, tornerà infatti a consentire il rimpatrio nei paesi parzialmente sicuri (e non solo in quelli sicuri), con una lista approvata a livello dell'Unione. Il problema è che entrerà in vigore nel giugno 2026. Una scadenza troppo lunga. Per questo l'esecutivo lavorerà per anticipare, con l'accordo degli altri Stati, l'entrata in vigore di questa disposizione, facendo approvare rapidamente la nuova lista.

La presidente del Consiglio non risparmia critiche alla decisione. «Quella del Tribunale di Roma è una decisione pregiudiziale, lo dimostra il fatto che alcuni giudici avevano criticato l'accordo con l'Albania prima ancora di entrare nel merito. E la decisione era stata anticipata ieri da alcuni esponenti del Pd. Il problema non è l'Albania: i giudici dicono che non esistono paesi sicuri, il problema è che nessuno potrà mai essere rimpatriato, che non si può fare alcuna politica di difesa del territorio. Spero allora che mi si diano soluzioni perché io devo trovarle. E infatti troverò una soluzione, anche se si perderà altro tempo».

Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi annuncia che l'esecutivo farà ricorso per via giudiziaria. «La battaglia di affermazione della nostra visione la faremo in sede giudiziaria: ricorreremo sino alla Cassazione» perché «non è stato giudicato o meno il diritto all'asilo» ma «si nega il diritto del governo di attivare procedure accelerate». E in un video postato a su X interviene anche Matteo Salvini, in una giornata per lui certamente non facile. «Dico ai giudici che fanno politica di sinistra e pro Ong, non tutti però, candidatevi alle elezioni se non vi va bene niente di quello che fa il governo e se ritenete che i confini di uno Stato siano qualcosa di superato e superabile».

Dentro Fratelli d'Italia la tensione è palpabile. «È evidente che siamo di fronte a un'invasione di campo di una parte della magistratura, politicizzata, che vuole fare opposizione a questo governo e a questa maggioranza» dice il presidente dei senatori Lucio Malan. Tommaso Foti, capogruppo alla Camera, legge nella decisione «la conferma che quanto disposto dal legislatore anziché essere applicato viene del tutto ignorato dal giudice adito, all'evidenza ritenendo quest'ultimo il vero e unico dominus di ogni decisione. E così appare a tutti chiaro che certe toghe giudicanti spesso e volentieri piegano alle loro convinzioni politiche le decisioni che assumono».

Il vicecapogruppo Elisabetta Gardini fa notare il paradosso di una politica del governo «apprezzata nell'Ue e sabotata in Italia».

Il capo delegazione al Parlamento europeo Carlo Fidanza punta, il dito contro il Pd e la sinistra che chiedono una procedura d'infrazione contro l'Italia. «È un fatto di una gravità inaudita, che conferma ancora una volta la loro natura anti-nazionale. Per fortuna il resto d'Europa, compresi alcuni governi socialisti, guarda con crescente interesse alla linea Meloni».

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