L'affare Monte dei Paschi porta con sé uno dei più importanti casi di potenziale conflitto d'interesse della recente storia politica italiana. La candidatura del segretario dem Enrico Letta nel collegio uninominale di Siena in sostituzione del compagno di partito Pier Carlo Padoan, passato nei mesi scorsi alla presidenza di Unicredit, ha portato con sé una ridda di polemiche e contraddizioni.
In sostanza, Padoan incrocia il suo destino con quello di Letta e del Pd toscano così come Mps e Unicredit lo fanno a livello finanziario. Il ministro che da titolare del dicastero dell'Economia e delle Finanze è stato al centro del processo di gestione, spesso controverso, della crisi delle banche toscane che ha avuto nel caso Mps uno spin-off di ampia portata e che ha promosso il salvataggio pubblico della banca di Rocca Salimbeni è stato dapprima "paracadutato" come candidato a Siena nelle politiche del 2018, ha vinto il seggio in palio nel collegio uninominale, ha servito due anni e mezzo come deputato e, senza colpo ferire, è poi passato alla presidenza della banca che oggi mira ad acquisire Mps. E il Partito Democratico ha trasformato da locale a nazionale la contesa per il seggio senese mettendo il suo segretario come candidato al Parlamento nelle settimane in cui l'affare Mps-Unicredit prendeva piede.
Tralasciando il fatto che Letta, da ex premier e segretario del principale partito del centrosinistra nazionale, corra senza simboli partitici e mettendo da parte le polemiche sulla gestione della campagna elettorale da parte del leader progressista, è doveroso sottolineare la natura problematica di un conflitto d'interessi alla cui ombra il gioco politico può essere indubbiamente condizionato.
In prima battuta, va sottolineato il fatto che il triangolo Padoan-Unicredit-Mps segnali certamente un "buco" nell'ordinamento nazionale riguardo il sistema di porte girevoli tra politica, mondo dell'impresa e finanza, un vuoto sistemico dietro cui possono celarsi zone grigie. Sia ben chiaro: la questione Padoan è, a norma di legge, perfettamente legale e non c'è motivo di dubitare dell'assenza di coni d'ombra sulla vicenda. Ma al contempo la partita è problematica sotto il profilo politico.
Veniamo dunque al secondo punto: l'organicità tra il centro-sinistra toscano e nazionale e Mps. Testimoniato dalla disinvoltura con cui Padoan e Letta si sono idealmente dati il cambio e con cui l'ex ministro è passato dal ruolo del "nazionalizzatore" della banca in crisi a quello di suo potenziale privatizzatore. Questione che può costare molto sul piano della popolarità politica ma significa, sul piano locale, una serie di entrature e di accessi a serbatoi di voti e informazioni tutt'altro che indifferente. "Il Pd fa il Pd, le banche fanno le banche” dichiarò nel gennaio 2013 l’allora segretario dem Pier Luigi Bersani, a un mese dalle elezioni politiche, provando a svincolare il suo partito dalle accuse di chi, compreso il premier uscente Mario Monti, lo etichettava come direttamente responsabile del dissesto di Monte dei Paschi di Siena e dello scandalo giudiziario sulla sua governance esploso a fine 2012; ma negli anni precedenti numerose e certificate furono le donazioni che, secondo il registro della Camera dei Deputati, l'ex ad e responsabile dell'affare Antonveneta di Mps Giuseppe Mussari avrebbe compiuto verso il centrosinistra. Manovre registrate per quasi 700mila euro risultano dal 27 febbraio del 2002, data del suo primo assegno al partito, fino al 6 febbraio 2012, comprendendo gli anni in cui il governo Prodi dava il suo benestare al disastroso affare Antonveneta. Alcuni anni prima nel 1999 l’operazione altrettanto discussa di Mps su Banca 121, ex Banca del Salento – secondo i critici – sarebbe avvenuta senza l’ostilità, anzi, del salentino d’adozione, presidente del Consiglio e leader dei Democratici di Sinistra Massimo D’Alema, il quale, però, ha sempre negato con forza l’accusa di aver dato copertura politica a Mps.
Terzo punto della questione è, infine, la potenziale figura negativa che questa problematica legata a una delle principali formazioni politiche europee può far fare all'Italia di fronte agli investitori internazionali in una fase in cui in vista del Pnrr e della ripresa dell'economia nazionale il governo Draghi si ripropone di promuovere trasparenza e credibilità di fronte alla comunità dei partner dell'Italia. Letta e Padoan sono figure note nel contesto politico ed economico continentale, e non solo, e il loro coinvolgimento in questa triangolazione può, sul lungo periodo, produrre contraccolpi. Un problema di non poco conto per chi, come il segretario del Pd, rivendica trasparenza, coerenza e responsabilità da grande forza di governo.
Una fonte d'imbarazzo per un'intera formazione che difficilmente può dire di "non sapere" riguardo le questioni che negli anni hanno messo all'angolo la banca più antica del mondo e una città ricca di storia e con un tessuto economico risultato a lungo tra i più dinamici del centro Italia.
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