Il grande risiko della Rai con l'opposizione in trincea

Per la nomina del cda l'incognita Lega e l'Aventino del centrosinistra. Agnes in testa per la presidenza

Il grande risiko della Rai con l'opposizione in trincea
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Pure Giampaolo Rossi, il capo supremo designato, è in un tale limbo che, pur di fare qualcosa, si è tagliato un po' la barba. Magari è una scommessa: chissà quanto ricrescerà prima che venga, finalmente, nominato amministratore delegato della Rai. Passeranno poche settimane? Qualche mese? Un anno? O addirittura mai? In questo momento tutto è possibile nella scelta dei vertici di viale Mazzini: decisioni che oltre a riguardare il futuro della televisione di Stato, influenzano in maniera decisiva l'assetto della maggioranza e pure dell'opposizione. L'unica certezza è la data del 12 settembre fissata per la nomina di quattro dei sette membri del consiglio di amministrazione (due eletti dalla Camera e due dal Senato), gli altri due compreso l'ad saranno poi nominati dal Ministero del Tesoro, mentre il settimo è il confermato Davide Di Pietro, eletto tra i dipendenti Rai.

A complicare il rinnovo dell'organo di amministrazione della tv pubblica (già scaduto a giugno) sono state le richieste della Lega e il paventato Aventino delle opposizioni. Senza i voti della prima non si fa nessuna elezione di consiglieri, senza quelli dei secondi non si può nominare il presidente della Rai che deve raccogliere i due terzi dei voti della Commissione di Vigilanza. La maggioranza per la carica ha già indicato da tempo Simona Agnes (in quota Forza Italia).

Di questo si parlerà nel tanto atteso vertice a tre Meloni, Salvini e Tajani del 30 agosto.

Accontentare il Carroccio appare più semplice: per contare di più dentro l'azienda, il movimento vuole avere voce in capitolo per il ruolo di direttore generale; si fanno i nomi di Marco Consolo, attuale direttore produzione o Maurizio Fattaccio, presidente Rai Pubblicità, insomma manager interni all'azienda.

Ma il vero scoglio è la posizione di Pd, M5S, renziani, verdi e Calenda che hanno trovato una insolita unità proprio sull'azienda pubblica: tutti insieme hanno lanciato un appello affinché non si proceda a rinnovare il Cda prima che l'Italia recepisca il «Media Freedom act» deliberato dal Parlamento europeo che dovrebbe entrare in vigore entro il 2025 e che chiede, in sostanza, meno potere del governo sui media pubblici.

In sostanza chiedono di prorogare l'attuale governance per un anno con a capo Roberto Sergio, attuale ad e pure presidente facente funzione dopo l'addio di Marinella Soldi.

Dunque che succederà il 12 settembre? I parlamentari di centro-sinistra usciranno dalle aule di Camera e Senato? Oppure non parteciperanno, come hanno annunciato, ai lavori della Commissione di Vigilanza per nominare il Presidente Rai, quella per cui servono i loro voti?

Nel primo caso, come fanno notare alcuni esponenti di centro-destra, nulla vieta alla maggioranza di nominare i quattro consiglieri di designazione parlamentare tra le proprie fila. A quel punto si arriverebbe al paradosso di un cda indicato totalmente dal centro-destra. I nomi possibili ci sono già: Simona Agnes per Forza Italia, Alessandro Casarin (attuale direttore TgR) e il redivivo Antonio Marano (che ha avuto molti ruoli in Rai in passato) per la Lega, Valeria Falcone (ex portavoce di Giorgia Meloni ora in Enel) e Federica Frangi (giornalista del Tg2) per Fratelli d'Italia.

A questi si aggiungerebbero i due di nomina del Mef tra cui l'ad Giampaolo Rossi. Da vedere come si comporteranno i grillini, il cui candidato è l'uscente Alessandro di Majo. Un'ipotesi del tutto surreale che andrebbe a scompaginare gli equilibri politici. «Se la sinistra non si presenterà salterà tutto - tuona Maurizio Gasparri, capogruppo FI al Senato - Sarebbe un ricatto della minoranza, un sabotaggio della democrazia.

Ci venissero poi a cercare quando si dovranno nominare i giudici della Corte Costituzionale o le altre cariche ancora da decidere. Troveranno pane per i loro denti. Io so bene come funzionano i pesi e contrappesi delle istituzioni, li aspetto al varco».

Insomma, stavolta lo si può proprio dire: se ne vedranno delle belle.

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