Beppe Grillo scrive un post da autoproclamato Elevato ma finisce nella zuffa tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio. Il richiamo ecumenico «a parlare con la forza di una sola voce» diventa il pretesto per un nuovo scontro. E il fondatore, infastidito dalla diatriba tra quelli che definisce i suoi «figli», secondo alcune voci sarebbe addirittura da tentato dal Vaffa finale. Che consisterebbe nel riprendersi il simbolo - anche se in questo caso si innescherebbe una battaglia legale - e mandare all'aria il sogno creato con Gianroberto Casaleggio. Così tra i due litiganti, si sente la voce del padrone. Il Garante dice di sentirsi «un padre che dà ai figli il dono più grande». Quindi invita i figli (Conte e Di Maio) a non dissolvere «il dono del padre nella vanità personale». Poi il monito a «parlare con la forza di una sola voce». «Ma se non accettate ruoli e regole restano solo voci di vanità che si (e ci) dissolvono nel nulla», conclude il fondatore. Passa qualche minuto e arriva una precisazione da parte di «fonti vicine a Grillo». Che specificano che l'unica voce attraverso cui dovrà parlare il M5s è «quella del leader votato dagli iscritti, vale a dire Giuseppe Conte». Conte mette like al post. Grillo non conferma né smentisce, ma filtra la sua irritazione per essere stato coinvolto nella contesa.
I contiani rilanciano l'interpretazione «autentica» delle frasi del comico. I dimaiani non ci stanno. Per gli uomini del ministro degli Esteri si tratta di «un tentativo apprezzabile di mediazione». Parte subito la solita girandola di sospetti e veleni. Lo staff di Conte viene accusato di strumentalizzare e manipolare il pensiero del Garante, come era accaduto con il tweet di sostegno alla candidatura al Quirinale di Elisabetta Belloni. «Dispiace che qualcuno abbia provato a creare ulteriore caos e tensioni interne solo per qualche like», è uno degli sfoghi dei dimaiani consegnato all'Adnkronos. «Non c'è la volontà di aprire una riflessione interna», attaccano i parlamentari fedeli al ministro degli Esteri.
Nel frullatore del Movimento impazzito continuano a girare le indiscrezioni sul piano B di Di Maio: entrare in un raggruppamento centrista, sul modello di Scelta Civica di Mario Monti, insieme ai totiani di Coraggio Italia. Una prospettiva che però cozza con il «patto della Farnesina» stretto martedì da Di Maio con Virginia Raggi, voce di un M5s che non disdegna posizioni radicali. «Sono i centristi che cercano Di Maio», è la spiegazione che arriva dagli ambienti più vicini al ministro in merito agli abboccamenti al centro. I contiani sono sulle barricate. «Conte vuole andare fino in fondo a questa storia», dicono i fedelissimi dell'avvocato. L'ex premier è in procinto di convocare un'assemblea aperta agli iscritti per «processare Di Maio». Fonti contiane ci tengono a far sapere di una telefonata tra Conte e Grillo ed è in forse un faccia a faccia tra i due rivali. Restano in piedi i tentativi di mediazione. I pontieri sono i capigruppo di Camera e Senato Davide Crippa e Mariolina Castellone. Ma cresce nei gruppi un fronte, trasversale alle correnti, di eletti stufi della lotta nel fango.
Deputati e senatori che ieri pomeriggio non si sono sentiti tranquillizzati dalle parole di Conte su «un patto di governo per i cittadini» per vincolare i ministri del M5s - e soprattutto Di Maio - alla linea dello stato maggiore. La paura dei parlamentari è sempre la stessa: il voto anticipato.
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