Se dietro non ci fosse un dramma sembrerebbe una commedia. Il processo in Sardegna ai quattro giovanotti genovesi - tra cui Ciro Grillo, figlio di Beppe - accusati di stupro di gruppo sta viaggiando fin dall'inizio delle udienze a ritmi singolarmente lenti, ma ieri si raggiunge il top. In programma c'era l'interrogatorio di alcuni testimoni, tra cui alcuni di rilievo, citati a deporre dalla Procura di Tempio Pausania. Tra questi, una era arrivata apposta da Milano, la psicologa della clinica Mangiagalli dove la studentessa norvegese vittima - secondo quanto afferma - delle violenze del quartetto venne curata dopo avere sporto denuncia. Ma l'udienza salta. Motivo: l'ultima volta i difensori avevano manifestato al tribunale presieduto dal giudice Marco Contu la loro contrarietà per la carente attrezzatura tecnica dell'aula, con due microfoni per dieci difensori, schermi insufficienti, eccetera. É passato un mese, durante il quale non risulta che le carenze tecniche siano state affrontate e men che meno risolte. La conseguenza è che ieri mattina i legali tornano a sollevare le loro obiezioni che il giudice stavolta accoglie in pieno annullando l'udienza e rinviando tutto di un altro mese. In calendario a dire il vero era prevista una udienza più ravvicinata, il 2 novembre, ma viene comunicato che salterà per «difficoltà tecniche» imprecisate. Le stesse segnalate oggi, che si sa già destinate a non essere risolte? O altre? Buio fitto.
L'intera vicenda sembra nata sotto una cattiva stella fin dalla fase delle indagini preliminari: nonostante la gravità delle ipotesi di reato, la Procura si mosse con tale calma che quando i carabinieri andarono a prelevare le immagini di sorveglianza di un locale erano già state cancellate dal computer essendo passati due anni dai fatti. I pm, guidati dal procuratore Gregorio Capasso, hanno impiegato un anno e mezzo per chiudere le indagini; un anno tra la richiesta di rinvio a giudizio e l'inizio del processo; e quando si è cominciato i giudici hanno annunciato un calendario rarefatto, una sola udienza al mese. Ieri anche questa unica udienza salta. La prescrizione non è ancora a portata di mano, ma i ritmi del processo hanno amareggiato la presunta vittima. Tanto da far dire al legale della ragazza, Giulia Bongiorno: «A lasciare stupita la mia assistita sono i tempi annunciati. Fino a quando processo non finirà questa ferita per la ragazza resterà aperta».
Ieri oltre alla psicologa della clinica «Mangiagalli» avrebbero dovuto essere sentiti anche il medico legale e la ginecologa della stessa clinica che ebbero modo di visitare la studentessa: ma
avevano altri impegni inderogabili, e hanno così potuto risparmiarsi l'inutile trasferta. Se ne riparla il 16 novembre sperando che microfoni e schermi siano arrivati, altrimenti il processo rischia il trasloco a Sassari.
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