Alla fine rispunta fuori sempre lui. Dominus della politica fiscale democratica, ispiratore delle politiche Pd che mirano a redistribuire la ricchezza anche quando non c'è. La figura di Vincenzo Visco si intravede in filigrana nelle micro anticipazioni di riforma fiscale del governo Conte II. Non che l'esponente Pd possa vantare tanti amici nell'attuale governo. Pochi i contatti anche con il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri.
Eppure sul tavolo del ministero d ivia XX settembre c'è anche un dossier del (Nens Nuova economia nuova socieltà) think tank presieduto dallo stesso ex viceministro alle finanze.
Gualtieri, è noto, sta lavorando a un sistema che riformi le aliquote in vigore oggi non riducendole da 5 a 3 come vorrebbero ancora pezzi importanti della maggioranza, dai Cinque stelle a Italia viva, ma con un sistema dell'aliquota continua alla tedesca. La aliquota media sui redditi (non per scaglioni) sarebbe determinata da un algoritmo.
Ma per ragioni di cassa e anche esigenze politiche lo sforzo potrebbe non bastare. Dalle indiscrezioni sulla riforma fiscale stanno spuntando alcune proposte firmate appunto da Visco che sono compatibili con la funziona matematica «tedesca» per determinare una aliquota media continua, ma si basano su un presupposto diverso. E non è una buona notizia per il contribuente.
Lo stesso Visco nel luglio scorso, in un intervento sul Sole24ore spiegò quale dovrebbe essere la priorità. «Il problema principale è la base imponibile, cioè i redditi che oggi sono esclusi dall'imposta».
La soluzione è reintrodurre «nella base imponibile tutti i redditi oggi esenti o tassati con aliquote ridotte previa una correzione in base al rendimento ordinario degli investimenti da capitale e una rimodulazione delle aliquote». Seconda soluzione, si tassa attraverso l'Irpef solo i redditi da lavoro e si affianca un'imposta autonoma personale e progressiva sui redditi patrimoniali».
Le proposte del Nens rispuntano anche in ricostruzioni giornalistiche in media vicini al governo dove si fa il punto sulla riforma in cantiere e si propone la stessa struttura per aliquote per tutti e un sistema di detrazioni per differenziare i vari casi.
Si torna quindi a parlare, oltre che di revisione delle tax expenditures, di eliminazione di tutti i regimi speciali che prevedono un aliquota sostituitiva. In particolare il regime forfettario per le partite Iva valido fino a 65 mila euro, con aliquota al 15%. La prevista estensione ai redditi fino a 100 mila euro è stata bloccata. Gualtieri già con la precedente legge di Bilancio cercò di limitarlo se non eliminare del tutto il regime applicato agli autonomi.
Tentativo andato a vuoto per la resistenza del M5s. Che, quest'anno, in vista di una riforma «progressiva», cambiare idea. «Mi sembra evidente - ha commentato l'ex viceministro all'Economia Enrico Zanetti - che chi non l'ha mai amata senza farne un mistero sta mettendo nuovamente nel mirino la flat tax delle partite Iva individuali che già l'anno scorso ambienti interni al Mef e alla maggioranza volevano limitare con interventi peggiorativi anche rispetto alla proposta che poi è passata».
Insomma, alla fine, la tanto
attesa ultra progressiva per fare pagare meno tasse al ceto medio, potrebbe prendersela con autonomi e partite Iva. Come faceva la vecchia sinistra e come potrebbe tornare di moda se si rafforzerà l'alleanza tra Pd e M5s.
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