La guerra del soldato Jane che commuove l'America

Combatte il cancro da tre anni: "Ho due possibilità su 100 di vivere". Le sue canzoni danno coraggio al Paese

La guerra del soldato Jane che commuove l'America

Sul palco sembrava una piuma, una raffica e il vento se la sarebbe portata via con i suoi occhi troppo grandi e le sue orecchie troppo piccole, con quella voce un po' Carly Simon e un po' Elisa e il sorriso immenso che hanno sempre le ragazze che se ne vanno via, sfuggenti e definitive come la polvere che scorre nella clessidra. «Cosa fai per vivere, tesoro?» le ha chiesto senza sapere l'attore canadese Howie Mandel, giudice di America's Got Talent, dieci milioni di spettatori, il format che comanda da 15 anni il martedì sera della Nbc. Voleva dire: vivo ed è già tanto. Invece ha detto: «Ho avuto un cancro, ma è tutto okay». Oh, I'm sorry. Non ha voluto dire ce l'ho ancora il cancro, lo ha detto dopo, nel backstage: «I medici mi hanno detto che ho solo due possibilità su cento di vivere, ma due non sono zero ed è meraviglioso sapere che hai due possibilità».

Jane Marczewski è una ragazza dell'Ohio, ha trent'anni appena compiuti e tutta l'America che oggi prega per lei. Canta, un mix di folk e pop e ha scelto Nightbirde come nome d'arte perché svegliata una notte da uccellini che cantavano nell'oscurità come fosse mattina: «Canto, come loro, la speranza che dopo la notte arrivi l'alba anche per me».

Quattro anni fa ha scoperto di avere un tumore al seno al terzo stadio, diventato metastasi nei polmoni, nel midollo spinale e nel fegato. Sono 11mila le donne sotto i 40 anni a cui ogni anno viene diagnosticato un tumore al seno negli Usa. Siccome è raro controlli non se ne fanno, quando si scopre è quasi sempre troppo tardi. Il marito Jeremy Claudio non regge alla diagnosi e la lascia, dopo cinque anni di matrimonio. «Avevo appena compiuto 27 anni - dice Jane - e non ero sicura di vivere abbastanza per vedere l'estate». Non ha neanche i soldi per curarsi: l'assicurazione non le paga il nuovo farmaco che prende di mira il suo esatto tipo di cancro. Una raccolta fondi trova i soldi che servono. Dopo aver affrontato 6 cicli di chemioterapia e 3 interventi chirurgici, compresa una doppia mastectomia, pesa solo 38 chili ma il peggio sembra passato. Racconta: «Centinaia di tumori sono morti nel mio corpo». Per i medici, miracolosamente, è guarita.

It's okay, la canzone che ha scritto e porta sul palco di America's got talent, racconta le paure profonde, la voglia di combattere e la speranza di farcela. «Ho cambiato il mio nome pensando di cambiare identità, sono fuggita in California credendo che i miei problemi restassero indietro, credevo di conoscermi ma non è così». È la sua ascia di guerra e la stampella con cui tenersi su. Il pubblico non la spaventa. «Quando arrivi così vicino alla morte non hai più paura di nulla». Kate Klaus, cresciuta con lei a Zanesville e laureatasi alla stessa università, la Licking County Christian la guarda in tv: «Era un fascio di luce che si irradiava dal palcoscenico. In piedi sulla cima della sua montagna, come se avesse conquistato l'Everest».

Simon Cowell, creatore, produttore e giudice del talent, la spedisce in finale direttamente con il Golden Buzzer: «I coriandoli mi piovevano addosso e mi sembrava che quello fosse l'unico momento mai esistito nell'universo». It's Okay, tocca 40 milioni di visualizzazione, scala tutte le hit americane. E le sue frasi, pillole di filosofia motivazionale, vanno a ruba stampate su milioni di T-shirt. Dicono: «Non puoi aspettare che la vita diventi difficile per decidere di essere felici», «Non vuoi vedere cosa succede se non ti arrendi?», «Sono molto di più delle cose brutte che mi capitano».

Ma alla finale di settembre, che avrebbe stravinto, non si presenta: «Il cancro chiede tutta la mia energia e tutta la mia attenzione».

Vuol dire che le sue condizioni sono peggiorate. Dialoga con i fans su Instagram Stories: «Sto progettando il mio futuro, non la mia eredità: e non ho intenzione di morire». L'America si asciuga le lacrime. E canta It'okay.

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