New York - La nouvelle grandeur francese di Emmanuel Macron e l'America First di Donald Trump. Partono dalla comune ambizione di primato i due presidenti nel loro esordio bilaterale in terra statunitense. Globalista uno, protezionista l'altro, divisi da ideologia e opinioni sul nucleare iraniano, sul clima e sui dazi, apparentemente non potrebbero essere più diversi, ma in realtà, per alcuni aspetti, sono molto simili. A partire dal fatto che entrambi hanno basato la propria campagna elettorale sull'essere estranei all'élite politica. L'intesa si è vista già l'estate scorsa durante la visita del tycoon e della first lady Melania a Parigi, e ora il titolare dell'Eliseo deve sfruttare il forte rapporto instaurato con l'inquilino della Casa Bianca per persuaderlo a non voltare le spalle al multilateralismo, ma a collaborare con l'Ue per rafforzarlo.
La tre giorni americana di Macron e della moglie Brigitte, prima visita di stato dell'era Trump (l'ultima è stata quella di Matteo Renzi, invitato da Obama) inizia nel giardino della Casa Bianca, per piantare un albero con la First Couple Usa. A seguire una cena privata a Mount Vernont, la storica residenza di George Washington sulle rive del Potomac, in Virginia, che conserva anche le chiavi della Bastiglia. Oggi, invece, è la giornata clou, con il bilaterale nello Studio Ovale seguito dalla cena di stato. I temi caldi sul tavolo sono tanti: i due leader partono dalla ritrovata intesa in politica estera dopo l'operazione congiunta in Siria, e questa cooperazione fa pensare che si possa ristabilire la partnership storicamente forte tra Stati Uniti e Francia. Macron tenterà di mediare su Iran, dazi e clima, mentre Trump chiederà un maggiore impegno sul fronte mililtare con la Nato, di mantenere alta la pressione con la Russia e l'impegno nella lotta al terrorismo. Gli esperti affermano che il nodo fondamentale della visita di Macron è se sarà in grado di influenzare Trump su almeno uno dei dossier, sostanzialmente gli stessi discussi a Toronto al G7 dei ministri degli Esteri, in vista del summit dei sette paesi più industrializzati dell'8 e 9 giugno in Quebec. Il leader francese - che domani parlerà anche al Congresso a camere riunite - ha già ribadito in un'intervista a Fox News la sua posizione sull'accordo per il nucleare iraniano, dal quale Trump minaccia di uscire se non verrà rafforzato entro il 12 maggio, quando scade il termine per la sua certificazione. «Voglio contenere l'influenza regionale» di Teheran, ha spiegato, e per questo intende chiedere al tycoon di «non abbandonare l'intesa, visto che non ci sono opzioni migliori». Una posizione che verrà ribadita ancora nel corso di quella che è considerata una settimana cruciale per la diplomazia. Venerdì, infatti, a Washington arriva la cancelliera tedesca Angela Merkel, pronta a ripetere che un accordo imperfetto è meglio di nessun accordo. Poi c'è il dossier siriano, con Macron che spera di ottenere rassicurazioni sulla permanenza americana sino alla sconfitta dell'Isis. E la guerra dei dazi con l'imminente scadenza, il primo maggio, della sospensione per l'Ue.
Il presidente francese punta a un'esenzione permanente per l'Unione: «Non puoi fare una guerra commerciale ai tuoi alleati - ha detto a Fox - Fare una guerra contro tutti è troppo complicato». E a Washington c'è anche chi suggerisce che il leader di Parigi potrebbe offrire il campo neutro d'Oltralpe per ospitare l'atteso incontro Trump-Kim.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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