Ha l'orologio di papà: il militante centrista linciato dall'odio rosso

Alla scuola renziana con un Audermas Piguet. Social scatenati: non può parlare di reddito 5s

Che c'è di meglio di un po' di rancore sociale iniettato sui social, per regolare i conti a sinistra e cercare di sputtanare avversari scomodi?

Nulla, devono essersi detti i Guardiani della rivoluzione di Twitter, memori di simili eroiche battaglie di sinistra contro la barca di D'Alema, il golf di cachemire di Bertinotti o la casa di Renzi, tutti simboli di decadenza morale e cedimento al capitalismo. E così su Roman Pastori, reo di essere giovane (21 anni), di frequentare la Scuola di politica di Matteo Renzi e di essersi candidato in un municipio di Roma per Carlo Calenda, si è scatenato l'Armageddon social. La pietra dello scandalo? Un orologio da polso, che l'incauto ragazzo non si è sfilato prima di postare una foto social dalla kermesse politica renziana. I segugi della sinistra, aggiornatissimi sui simboli del lusso, lo hanno subito individuato come «orologio per ricchi», con tanto di quotazioni. E del resto essere un renzian-calendiano, per la Vera Sinistra, è assai peggio che essere di Casapound.

Sulle prime l'orologio viene scambiato per un Rolex (in realtà, spiega il proprietario, si tratta di un vecchio Audemars Piguet del padre), che va sempre bene per denunciare il capitalismo mondiale. L'accusa, leggere per credere, è la seguente: questo infame ha l'orologio da ricchi al polso e vuole affamare il popolo togliendogli il reddito di cittadinanza. Lo shitstorm della sinistra populista contro il nuovo padrone delle ferriere esplode, si aggregano prontamente accademici ben pagati e pasciuti autori televisivi. Il ragazzo diventa il Mostro, l'accanimento contro di lui raggiunge livelli da Stato islamico. La vittima replica con eleganza: «Figlio di papà? Sono orgogliosamente figlio di mio padre, che purtroppo non c'è più. Mi ha lasciato un orologio, ma mi ha insegnato a non giudicare nessuno dalle apparenze, senza sapere nulla di lui e della sua vita. Il vostro odio è spaventoso, spero ve ne rendiate conto». Colpiti e affondati. Carlo Calenda equipara il linciaggio di Roman allo squadrismo fascista: «Gli arrivano tonnellate di insulti sui social, che prendono di mira lui e il padre mancato da due anni e mezzo. Chiudetela qui: avete già usato olio di ricino e manganello. Può bastare».

Gli accusatori però resistono come giapponesi nella giungla. Esilarante il dialogo via Twitter tra l'eroica piscologa dei poveri Bianca Collevecchi, che per prima ha denunciato lo scandalo invocando «i valori genuini» cui «educare i giovani», e il Magnifico Rettore dei poveri Tomaso (una sola M, noblesse oblige) Montanari, subito accorso a suo sostegno nella jihad anti-orologi calendiani. «La mia solidarietà a Collevecchi - scrive lui - macchiatasi della colpa oggi più imperdonabile: dire un'ovvia verità». Replica lei, toccata: «Grazie Tomaso (sempre una M, ndr). Sono tempi cupi in cui denunciare il fascismo e le diseguaglianze di classe, è pericoloso». Punteggiatura a vanvera a parte, non è chiaro cosa c'entri il fascismo con gli orologi da polso.

Ma è certo che i due sono convinti che il bullismo social contro un giovane renzian-calendiano sia l'eroica continuazione della Resistenza contro il Duce. Twitter è la loro montagna appeninica, 280 caratteri gratuiti il loro micidiale schioppo. Renzi e Calenda la riedizione di Hitler e Mussolini, da abbattere col fuoco della loro eroica lotta ai Rolex. Degli altri.

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