La crisi occupazionale innescata dalla pandemia di Sars Cov 2 ha lasciato sul campo tanti professionisti titolari di lavoro autonomo. Già, perché secondo i numeri raccolti dalla Cgia di Mestre il conto più salato lo hanno pagato le partite Iva: il 6,3% di loro ha perso il lavoro. «I micro e nano imprenditori hanno sofferto più di tutti, lasciandoci anche le penne: è chiaro che non hanno ricevuto dalla classe politica il dovuto rispetto che, in alcuni casi, rasentava il limite massimo della dignità umana» commenta Antonio Sorrento, presidente del Pin, sindacato datoriale micro imprese.
La Cgia di Mestre dichiara che in 20 mesi sono state perse 327 mila partite Iva. Le torna?
«È ormai evidente che tutto ciò che è stato fatto per tutelare i lavoratori dipendenti del settore pubblico non sia stato messo in atto per il privato: le casse integrazioni dei privati tagliate di circa il 60% in busta paga e i ristori al 5% del fatturato aziendale. È come se un pubblico dipendente con busta paga di 1.500 euro, ricevesse un indennizzo di 75. Così alcune imprese italiane si sono reinventate, le più fortunate, altre sono emigrate verso altri Paesi».
Quindi sarebbero dovute essere altre le misure da adottare?
«Per evitare una tale ecatombe sarebbe stato sufficiente concedere sin da subito alle imprese un cospicuo fondo perduto pari al 50% della perdita del proprio fatturato».
Ora si posso recuperare questi lavoratori?
«I professionisti che oggi non hanno più una fonte di sostegno sono abbandonati a se stessi. Alcuni ricorrono al reddito di cittadinanza o di emergenza, altri svendono quel poco che gli è rimasto e si rifugiano presso altre imprese come dipendenti. I meno audaci fanno la fila alla Caritas o Pane quotidiano per un pasto».
E il reddito di cittadinanza sta contribuendo ad aiutarli?
«Da imprenditore faccio fatica a comprendere come una misura di mero assistenzialismo possa risollevare le sorti di una classe produttiva in evidente difficoltà. Credo che le soluzioni siano quelle di creare lavoro piuttosto che garantire sussidi».
Quali sono le proposte di Pin per rimediare?
«Abbiamo cercato di far comprendere alla classe politica che oltre alle multinazionali esiste un humus di micro contribuenti che grazie alle nano imprese costituisce la spina dorsale dell'economia italiana. È evidente che oggi migliaia di queste, spesso a conduzione familiare quindi monoreddito, attendono un aiuto economico reale. Il governo deve utilizzare parte dei fondi destinati al Pnrr per una massiva defiscalizzazione del costo sul lavoro mediante progetti di riabilitazione e di riqualificazione delle piccole, micro e nano imprese sostenendo la liquidità.
Il Pin con il Movimento nazionale consumatori, il Sindacato italiano commercialisti, Unione Camere Civili e Milano percorsi impresa, ha creato un progetto di tutela per la comunicazione tra amministrazioni e contribuenti intervenendo sulla figura del Garante del contribuente».
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