Helga, l'ultima principessa. L'erede dei fratelli Grimm (che trovò l'amore in Italia)

È morta a 88 anni la sola discendente dei signori delle fiabe. Il suo castello? Una villetta "incantata" nei boschi fuori Rieti

Helga, l'ultima principessa. L'erede dei fratelli Grimm (che trovò l'amore in Italia)
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La sua ultima notte l'ha trascorsa nell'ospedale di Rieti, rapita da un sonno dolce e con il suo principe azzurro accanto. È morta a 88 anni Helga Margarete Grimm, la sola discendente dei signori delle fiabe. Per lei Jacob e Wilhelm erano semplicemente «gli zii», per noi sono tuttora gli eterni fratelli Grimm, autori della raccolta di favole più letta di sempre: quella che scrissero all'inizio dell'Ottocento rielaborando le storie della tradizione popolare e sfoderando Cappuccetto Rosso, Biancaneve, Cenerentola, Hansel e Gretel, Pollicino, Rosaspina (la Bella addormentata nel bosco), il Pifferaio magico.

L'ultima principessa si era rifugiata in una casetta alle porte di Rieti in Umbria (dove anni fa aveva pure piazzato i sette nani in giardino, poi dismessi in garage) ma tutto era fuorchè la sprovveduta protagonista delle favole di famiglia. Nulla a che vedere con le principesse che celano insicurezze e poca iniziativa dietro merletti, visini angelici e incantesimi. Helga era una tosta, una che semmai avrebbe trovato un ruolo nelle prime versioni delle favole Grimm, quelle più realistiche (e cruente) diffuse prima che la Walt Disney arrivasse ad edulcorare e stereotipare le trame. Insomma, una di quelle donne che nemmeno riesci a identificare con la classica nonnina tremante e indifesa. «Da piccola mi raccontavano la versione di Cenerentola in cui le sorellastre si amputano le dita dei piedi pur di infilarsi la scarpetta di cristallo» ci ha raccontato nel 2017, quando ancora stava bene e dimostrava dieci anni meno di quelli che aveva.

Beveva acqua tonica, si faceva prendere in giro dal marito e dal nipote con l'ironia e l'intelligenza di chi sa tenere unite le famiglie. Più naif che fiabesca. Sarà stata una questione di dna, ma la sua vita è stata costellata da rocambolesche fughe dai cattivi, matrigne, baci rubati da un principe (siciliano), balli in abito lungo e colpi di scena a un passo dal lieto fine. Tra un'avventura e l'altra però, sono andati persi i bauli che contenevano i manoscritti delle fiabe, i documenti e perfino le bozze del vocabolario che elesse «zio Jacob» a padre fondatore della lingua tedesca. «Quando scappammo da Berlino lasciammo tutto là, nessuno ci pensò».

Negli scaffali di casa è rimasto solo un libro di favole in un'edizione degli anni Ottanta, nemmeno tanto particolare, e un libretto di famiglia che racconta di nascite e discendenze riportate in bella calligrafia ma che non va oltre il 1840. E poi c'è quel cognome che ha vergato copertine su copertine e che ha fatto impazzire gli psicanalisti. Ma lei in città e al mercato si faceva chiamare con il cognome del marito, Scianna. Quando qualcuno le chiedeva: «Grimm? Quei Grimm?» lei divagava: «Può essere». Ma veniamo al principe che l'ha accompagnata fino a ieri: Guglielmo. Italiano. Aveva l'officina sotto la casa in cui Helga viveva a Tripoli con l'allora marito. E, quando la conobbe, se ne innamorò: la guardava, azzardava qualche timido complimento ma di più non si permetteva, le regalava Baci Perugina. Poi sono seguiti i baci veri. Quando Helga fu costretta a lasciare Tripoli e seguire il marito di allora in Irlanda, scriveva della sua infelicità a Guglielmo: lettere in tedesco che lui si faceva tradurre da un amico. Una volta l'amico disse: «Prima di tradurre ti dico solo una cosa: devi correre a salvare Helga».

Lui partì immediatamente e la portò con sè. Prima a Tripoli, poi a Roma e poi in Umbria. E forse vivere insieme tenendosi la mano fino all'ultimo giorno è uno dei «lieto fine» più belli che l'ultima principessa Grimm potesse avere.

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