"Ho firmato anche io i referendum. Un errore lasciare il garantismo alla destra"

Il senatore del Partito democratico: "Sono uno stimolo per cambiare. Attenzione alla responsabilità civile dei giudici, può diventare un boomerang"

"Ho firmato anche io i referendum. Un errore lasciare il garantismo alla destra"

Anche dal Pd arrivano adesioni ai referendum sulla giustizia proposti da Lega e Radicali. L'ultimo ad aver firmato è il senatore ed ex europarlamentare Gianni Pittella.

Ha dato il suo assenso solo a 5 dei 6 quesiti. Quale non la convince?

«Non ho firmato quello relativo alla responsabilità civile dei giudici. Non sono d'accordo su questo tema, non perché neghi che esista un problema di responsabilità del magistrato che andrebbe ripensata, ma credo che un tema così delicato debba essere affrontato non con un quesito referendario il cui accoglimento potrebbe indurre la pubblica accusa all'inazione, alla paralisi difensiva per timore di conseguenze civilistiche. Lo dico da medico. Ogni volta che si eleva oltre il ragionevole il profilo di responsabilità civile del medico si finisce per impegnarlo in calcoli discutibili non sulle cure migliori, ma su quelle che espongono meno il medico al rischio. E quindi lo stesso si rifugia in una sorta di medicina difensiva».

Da uomo di sinistra firma per dei referendum proposti anche dalla Lega, perché?

«Intanto io ho firmato da cittadino e da socialista che vive da sempre la cultura del garantismo. Secondo, la mia firma non impegna né il gruppo del Pd, né il partito, ma soltanto la mia persona. Terzo, io non intendo lasciare a quella destra, alla Lega, a una destra che in alcuni momenti è stata anche manettara e anti garantista il vessillo del garantismo che è storicamente di una forza riformista e socialista».

Pensa ci sia molto da cambiare nel mondo della giustizia?

«Certo, i referendum possono essere uno stimolo che non toglie il merito al ministro Cartabia di aver svolto in questi pochi mesi un grande lavoro di proposizione con equilibrio e saggezza. Che in questo campo serve più che mai per evitare che gli aggiustamenti e le riforme necessarie possano sembrare una sorta di clava contro i magistrati, mentre invece si tratta di agire nell'esclusivo interesse dei cittadini e portare avanti quelle riforme che riequilibrino i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario nel nostro Paese».

Crede dunque che il Pd avrebbe potuto proporre gli stessi referendum?

«Il Partito democratico sta lavorando nelle sedi parlamentari dove è giusto che si lavori. I miei colleghi Mirabelli e Rossomando al Senato stanno facendo un grande lavoro sulla giustizia. C'è chi preferisce lavorare in Parlamento e chi si butta ora sugli strumenti referendari. E forse è la prima volta per la Lega nel senso che è un nuovo inizio per Salvini. Forse è un modo per compensare il suo ruolo di governo, per non perdere terreno rispetto alla Meloni. Io la vedo così. In ogni caso, comunque, visto che il meglio dei referendum, cinque su sei, mi convince, perché non firmarlo»?

Palamara descrive quello dei tribunali come un sistema. Ritiene anche lei sia così?

«Certamente ci sono dei problemi e delle criticità che vanno affrontati. Ma con la saggezza e l'intelligenza di chi vuole cambiare in meglio salvando la parte migliore della magistratura.

Perché c'è tantissimo di eccellente e di equilibrato al suo interno e non bisogna fare assolutamente di tutta l'erba un fascio. Le riforme necessarie vanno fatte senza l'idea che bisogna sfasciare tutto, perché questo sarebbe un modo per non fare nulla o soltanto propaganda».

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