La crisi di governo è finita nel peggiore dei modi per Giuseppe Conte. Messo all'angolo dai renziani, costretto a dimettersi e poi fatto fuori dal tavolo dei nomi, l'ormai ex premier dovrà iniziare a fare gli scatoloni per lasciare Palazzo Chigi dopo l'esperienza gialloverde e giallorossa. Il suo successore potrebbe essere Mario Draghi, convocato per oggi alle ore 12 al Quirinale, che però dovrebbe fare i conti con un Parlamento fragile e con dei numeri ancora incerti. L'avvocato temeva questo epilogo: una volta che mi dimetto nessuno mi darà la garanzia del reincarico, è da sempre stato il suo ragionamento. Ed effettivamente non è stato così: le dimissioni (arrivate forse con colpevole ritardo) gli hanno compromesso la possibilità di restare ancora alla guida del Paese.
Appare evidente come la sfera emotiva e personale sia notevolmente cambiata in seguito alla doccia fredda. I sentimenti a poche ore dal game over sono contrastanti: da una parte prevale il rammarico per la strategia adottata, dall'altra invece cerca di dominare un senso di apparente calma e tranquillità. Cerca di farsi forza e di convincersi che in fin dei conti non poteva fare altro. "Per citare il poeta, sono sereno...", si limita a dire ai ministri che lo chiamano per esplicitare la propria vicinanza. Non trapela il pentimento per il tentativo di aver cercato responsabili, piuttosto per il passo indietro deciso. "Ho sbagliato a dimettermi, se non avessi fatto quel passo forse, ora...".
Quel sospetto su Renzi
L'ultimo giorno di trattative tra i giallorossi è stato frenetico. Rilanci, veti incrociati e sfuriate. Alla fine tutto è saltato e le speranze di un Conte-ter sono via via scemate. "Io non resto a Palazzo Chigi a fare il prigioniero di Renzi o di qualcun altro", avverte tutti coloro che vogliono un accordo a tutti i costi. La strada si fa sempre più in salita: verso le 16 arriva l'addio di Emilio Carelli, che lasciando il Movimento 5 Stelle serve un antipasto di quello che sta per accedere. Si fa strada il sospetto che il leader di Italia Viva abbia in tasca la garanzia, "quantomeno di Salvini e Berlusconi", che non ci saranno elezioni anticipate.
Prima di cena gli auspici e i propositi cadono. La rottura di Iv si consuma sui nomi di Alfonso Bonafede, Domenico Arcuri e Lucia Azzolina. "È tutto inutile, ha già un accordo secondo me", avrebbe sussurato Giuseppi - secondo il Corriere della Sera - prima di ascoltare le parole del capo dello Stato Sergio Mattarella. In seguito alle quali va in frantumi il disperato tentativo di rimettere insieme i cocci in extremis. "Era tutto già scritto. Renzi aveva già un accordo col centrodestra. Salvini e Berlusconi gli hanno garantito che ci staranno, altri non potranno che accodarsi.
A me era chiaro sin da subito, a qualcun altro forse no". Dubbi, sospetti, congetture e presentimenti che comunque fanno da cornice a un addio amaro su cui lo stesso Conte la scorsa settimana non avrebbe scommesso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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