Mes, poltrone e giustizia: i veti incrociati rischiano di far saltare il Conte-ter

Trattative in salita nel giorno in cui Fico dovrà riferire a Mattarella. Gelo dei renziani: "Da M5S solo no, così si va a sbattere". Ipotesi supplementari: il Colle concederà altro tempo?

Mes, poltrone e giustizia: i veti incrociati rischiano di far saltare il Conte-ter

È iniziato poco dopo le ore 9 il secondo giorno del tavolo di confronto tra le forze di maggioranza che potrebbero dar vita al Conte-ter dopo aver paralizzato il Paese per intere settimane tra litigi, minacce di crisi e strappi. Con il passare del tempo scendono le possibilità di un reincarico all'avvocato Giuseppi, difeso a spada tratta da Movimento 5 Stelle e Partito democratico ma che non può godere del sostegno di Italia Viva. Nella giornata di ieri non sono stati fatti significativi passi in avanti: al di là dei temi generici su cui avevano già raggiunto un accordo in passato, i veti incrociati rischiano seriamente di far saltare tutto e di mandare all'aria ore di trattative per cercare di sanare una ferita impossibile da ignorare.

Dalle stanze della Sala della Lupa di Montecitorio arriva una dose di sconforto non indifferente: "Qui ognuno picchia duro sulle proprie bandiere, ma non è così che si ragiona in una coalizione". L'avvertimento lanciato da Bruno Tabacci, scrive Il Riformista, è quello di un commissariamento del Parlamento: "Se non riusciamo noi c’è solo il governo del presidente". Oggi il capo dello Stato Sergio Mattarella riceverà il presidente della Camera Roberto Fico, incaricato di un mandato esplorativo per verificare l'esistenza o meno dei presupposti per dare vita a un nuovo esecutivo sulla stessa scia di quello precedente. La situazione però sembra in salita e non è da escludere che possano esserci dei tempi supplementari: il Quirinale concederà davvero altro tempo per consentire ai giallorossi di trovare un quadra?

I veti incrociati

Mentre nella mattinata di ieri filtrava ottimismo dai partecipanti al tavolo, in serata si è registrato un forte gelo da parte dei renziani. "Noi non siamo ostili al Conte-ter, ma i 5 Stelle non possono pensare di lasciare tutto com'era. Serve discontinuità. Sembra che vogliano fare il Conte-bis-bis, nemmeno il Conte-ter", è il lamento che viene riferito. Il dito è puntato sulla permanenza di Alfono Bonafede al Ministero della Giustizia e di Nunzia Catalfo al Lavoro. La denuncia è che dai grillini sarebbero arrivati solo "no" e veti: "No al Mes, no alla Tav. Tatticismi? Forse, ma occhio che così si va a sbattere e stavolta non possono dire che siamo stati noi a far saltare il tavolo. Non abbiamo messo mezzo veto. Chiediamo però una discontinuità. Ma tra cento e zero, non può non esserci una via di mezzo". Le ultime parole di Ivan Scalfarotto, ex sottosegretario agli Esteri, confermano come l'esito della partita in realtà sia tutt'altro che scontato: "Non sono così sicuro che sia certo un Conte-ter, stiamo ancora discutendo".

A dividere profondamente gli (ex) alleati è la questione relativa al Mes. Il gruppo di Iv ha avanzato la proposta di una richiesta parziale dei fondi del Meccanismo europeo di stabilità per le spese sanitarie, ma da parte del M5S è arrivata una netta chiusura. Questa mattina Maria Elena Boschi ha rilanciato un suo tweet risalente a 20 giorni fa: "Vale anche oggi. Abbiamo chiesto al governo di prendere il Mes, non di prendere Meb. Come al solito i 5stelle non leggono fino in fondo. O non capiscono. Servono soldi per la sanità, non poltrone per noi". I pentastellati, dal loro canto, hanno addirittura alzato il tiro chiedendo di completare il reddito di cittadinanza "con il rafforzamento delle politiche attive e dei controlli".

Non si è riusciti a passare momenti tranquilli neanche sull'esito finale del confronto. Italia Viva ha spinto affinché si arrivasse a un documento scritto per mettere "nero su bianco" i punti chiave. Le altre forze politiche hanno invece sostenuto la necessità di affidare la stesura di un patto programmatico al prossimo premier incaricato. Sempre se si riuscirà a raggiungere un accordo sul nome del presidente del Consiglio. Il timore di Movimento 5 Stelle e Partito democratico è che i renziani - una volta ufficializzato il documento - possano sostenere che in fin dei conti chiunque potrà guidare il nuovo governo e dunque mettere esplicitamente sulla graticola Conte.

Ultimo fronte divisivo, ma non per ordine di importante, quello dei nomi. Tralasciando gli incastri dell'ipotetico maxi rimpasto, Italia Viva potrebbe chiedere le "teste" di Pasquale Tridico e Domenico Parisi: il presidente dell'Inps e il numero uno dell'Agenzia nazionale politiche attive del lavoro, entrambi "sponsorizzati" da Luigi Di Maio, potrebbero essere il prezzo da pagare per soddisfare le richieste di Italia Viva. Ma non è finita qui: nel mirino è finito pure Domenico Arcuri, commissario straordinario all'emergenza Coronavirus.

Sulla giustizia sembrava andare tutto liscio grazie al lodo Orlando: il vicesgretario del Pd ha proposto che la maggioranza si impegni a portare avanti il ddl sulla riforma del processo penale per accorciare i tempi dei processi e che, se entro sei mesi non viene approvato, allora si metterebbe mano alla prescrizione. Ma fonti renziane si affrettano a smentire: "Non condividiamo il lodo Orlando: non c'è nessun accordo sulla prescrizione e sul processo penale". Altri riferiscono che il M5S non avrebbe alzato muri e potrebbe considerare la proposta dem come una buona mediazione.

L'impressione è che le pregiudiziali politiche possano contribuire ulteriormente alla fase di stallo: la sabbia della clessidra continua a scendere senza sosta e senza un vero e proprio accordo la palla passerà definitivamente nelle mani del presidente Mattarella.

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