"Ho scommesso contro l'Italia, chiedo scusa"

A ottobre il capo economista di Citi aveva consigliato di vendere i Btp, le agenzie di rating l'hanno smentito

"Ho scommesso contro l'Italia, chiedo scusa"
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Non capita tutti i giorni di ricevere le scuse di una grande banca per aver valutato ingiustamente i rischi di un titolo sovrano e perciò consigliato la vendita. Anzi, a memoria di chi scrive niente di così esplicito si era mai visto sul mercato finanziario. È accaduto un paio di giorni fa con protagonista Citi, una delle principali merchant bank globali, che per bocca di Jim McCormick, capo della ricerca macroeconomica del colosso Usa, si è detta pentita per «aver puntato contro l'Italia» e quindi sconsigliato agli investitori istituzionali l'acquisto di Btp. Per farla breve, in un precedente report diffuso a metà settembre McCormick aveva previsto «uno spread Btp-Bund oltre 210 punti nei primi tre mesi del 2024», mentre il 7 ottobre, in un successivo alert rivolto ai propri clienti, li invitava a vendere i Btp in portafoglio «perché le dinamiche fiscali in Italia aumentano i rischi di downgrade del rating». A onor del vero, più o meno nello stesso periodo anche Goldman Sachs e Morgan Stanley, sia pure con toni meno espliciti, avevano raccomandato lo stesso approccio nei confronti dei titoli pubblici italiani. Raccomandazioni che si erano immediatamente riflesse sullo spread, portando in pochi giorni il differenziale con il Bund da una media attorno a 165 fino al massimo di 203. Addirittura, nel suo report Goldman aveva ipotizzato per il breve termine un balzo fino a quota 235.

Poi a uno a uno sono arrivati i giudizi sulla Manovra delle grandi agenzie di rating: prima S&P, poi Fitch e infine, venerdì scorso, Moody's, il più atteso. Ebbene, non solo la proposta del governo Meloni è stata promossa con tutte le sue implicazioni fiscali, ma addirittura Moody's, sia pure con alcune riserve su crescita e debito, ha migliorato la propettiva (outlook) del Paese. Di qui le scuse di McCormick che ammette di «aver sbagliato a scommettere» contro Roma. «Non si finisce mai di imparare dai mercati - scrive l'economista - il problema non erano i Btp, e quindi l'Italia, bensì altro». Ecco, appunto, altro.

Per esempio, di sicura rilevanza è la dinamica attuale dei rendimenti sui titoli del Tesoro americano: più questi salgono più cresce la pressione sui Btp (ma anche sui Bund) , suggerendo agli investitori - in questo caso correttamente - qualche cautela. Dunque, basterebbero un po' meno pregiudizi verso l'Italia e la sua storia per evitare certi scivoloni.

Naturalmente sono benvenute le scuse di Citi, un raro gesto di considerazione che va letto anche come attenzione verso il governo Meloni, evidentemente più meritevole degli esecutivi che l'hanno preceduto. Il che non sana il maggior costo subito dal Tesoro, in termini di interessi crescenti sul nuovo debito per effetto della falsa rappresentazione del rischio Italia. Per questo si è in attesa delle scuse anche di Goldman Sachs, colpevole come Citi di aver contribuito a un danno che poteva essere evitato.

A causa delle scelte scriteriate di alcuni precedenti governi, il rating dell'Italia è già così pericolosamente vicino a scivolare sotto l'investment grade (la soglia che ne rende proponibile l'acquisto) che schiaffi gratuiti di quel tipo in momenti di massima esposizione del Paese (quale quello che ha visto la Manovra sotto esame a Bruxelles) possono diventare esiziali.

Per questo il franco confronto che si è svolto di recente in gran segreto tra il ministro Giancarlo Giorgetti e le agenzie di rating è stato determinante: si è così evitato uno scenario che avrebbe potuto diventare molto complicato da gestire.

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