Non sono stati ancora raccolti tutti i cocci della crisi delle banlieue, né stilato un piano per le periferie con nuove politiche di integrazione per i figli minorenni di immigrati nordafricani (alcuni dei quali insorti contro la République tra giugno e luglio, bruciando municipi, scuole, e saccheggiando negozi e centri commerciali) che centinaia di famiglie di origine algerina lanciano un altro segnale di sfilacciamento, rispetto al tentativo francese di assimilazione: si cerca la fuga dall'Esagono. Altro che integrazione. Meglio il primo volo disponibile Parigi-Algeri.
L'ultima moda dei giovanissimi musulmani d'Oltralpe sono infatti le colonie estive nel Paese d'origine, con gli imam pronti a facilitare il percorso di riavvicinamento a quella che in moltissimi (e crescenti) casi viene considerata prima e unica «patria». Non c'è solo la rivendicazione religiosa a complicare il «matrimonio» con i valori di liberté ed égalité, alla base del sentirsi francese; non esserlo solo su carta, per nascita. C'è un richiamo storico-politico, una rivendicazione, foraggiata da certi predicatori ma pure da politici algerini.
Via dunque alla pratica di «sottrarre» ragazzini alla République nella parentesi delle vacanze dalla scuola (simbolo di laicità e uguaglianza). Il 17 luglio un primo gruppo di 160 bambini è arrivato a Orano per una vacanza al mare di 12 giorni a Mostaganem. Ne partiranno altri. Nel complesso, 900 ragazzini. L'iniziativa affonda nella crescente tensione Francia-Algeria, che neppure il parziale mea culpa di Macron sul colonialismo, né l'indagine storica commissionata sui misfatti francesi, ha risolto. Anzi, il risentimento è cresciuto. Il presidente algerino in persona, Abdelmadjid Tebboune, sostiene l'operazione «vacanze in Algeria» mediata dal rettore della Grande Moschea di Parigi, Chems-Eddine Hafiz (lo stesso che criticava l'Eliseo perché non si era scusato per i crimini del colonialismo e che ha recentemente minacciato di denunciare Michel Houellebecq per istigazione all'odio contro i musulmani). Tebboune giovedì ha perfino telefonato all'imam per ringraziarlo. E non a Macron. E in un comunicato chiama i ragazzini «i nostri figli che vivono in Francia», felice di far loro «scoprire l'Algeria». Che in molti già sognano.
L'idea di organizzare campi estivi è l'ennesimo guanto di sfida. Scava nei nervi scoperti di una Francia che ha poco di invitante da offrire ai suoi giovani figli di immigrati, e le cui famiglie non riescono a pagare vacanze. La rivolta delle banlieue ha mostrato la fragilità di un Paese che non è riuscito a intercettare la rabbia mescolata a scontento crescente. Col collante della religione. L'essere musulmani svolge infatti un ruolo: i 900 bambini sono stati invitati dalle moschee a trascorrere l'estate in «patria». Gli imam dicono che così si permetterà alle famiglie algerine con redditi modesti di mandare i figli in vacanza. Per il presidente della Federazione del nord della Francia della Grande Moschea di Parigi, Abdelkader Aoussedj, l'operazione «rafforza i legami delle nuove generazioni della comunità con il loro Paese». È l'ultima tessera del mosaico: di un islam che riempie vuoti istituzionali fino a deflagrare nel «separatismo» più volte denunciato da Macron.
E di un'Algeria che cavalca la mancata assimilazione dei figli degli immigrati certificandone il fallimento; indisponibile a collaborare al rimpatrio di clandestini, ma pronta a ospitare bambini francesi per preservarne le radici. Una crisi all'ombra del campeggio.
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