Il plateau è sempre più vicino: anzi forse ci siamo già. Ieri sono stati conteggiati 179.106 nuovi contagi, un numero alto ma inferiore pur se di poco ai 186.253 dello stesso giorno della scorsa settimana. Non solo: negli ultimi sette giorni, dal 15 al 21 gennaio, si sono conteggiati 1.185.568 contagi complessivi contro i 1.242.597 del periodo 8-14, con l'incidenza dei contagi che scende da 2.097 a 2.001 casi settimanali ogni 100mila abitanti.
Resta sui livelli degli ultimi giorni l'indice di contagio, ovvero la percentuale di tamponi positivi su quelli messi a referto: ieri il 16,03 per cento. Il giorno prima era il 17,00, il venerdì precedente il 16,45. Quanto alla situazione negli ospedali si intravede una luce in fondo al tunnel. Il numero di pazienti Covid ricoverati in area non critica per il primo giorno dopo dal 21 ottobre scorso scende, da 19.659 a 19.485 (-174), mentre sale di pochissimo il numero di posti occupati in terapia intensiva, da 1.698 a 1.707 (+9). Rispetto a sette giorni fa l'aumento di posti occupati in area non critica è di 1.466 unità (+8,14 per cento). L'aumento della settimana precedente era stato del 23,49 per cento e quello della settimana ancora prima del 30,86. Nelle terapie intensive aumento di 28 unità (+1,67 per cento), mentre gli aumenti precedenti erano stati del 12,01 e del 18,97. Capitolo decessi: i 373 morti di ieri sono in linea con gli ultimi giorni: nell'ultima settimana 2.415 decessi contro i 1.851 dei sette giorni precedenti, con un aumento del 30,47 per cento che è sì doloroso ma fa poco testo perché probabilmente stiamo pagando il prezzo del boom di contagi delle feste.
I dati che abbiamo elencato, frutto di una nostra elaborazione, sono in linea e anzi più aggiornati di quelli resi noti ieri nel report settimanale dell'Istituto superiore di sanità, che di più rispetto a noi ha l'Rt calcolato nel periodo 22 dicembre-4 gennaio, pari a 1,31, in calo rispetto alla settimana precedente, quando era pari a 1,56. Varie regioni hanno però avuto problemi nell'invio dei dati e potrebbe esserci una sottostima.
E a proposito di regioni, in base ai dati di ieri superano il 30 per cento di occupazione dei posti in area non critica Calabria (40,59 per cento), Liguria (40,57), Sicilia (36,93), Lombardia (33,50), Friuli-Venezia Giulia (33,36), Lazio (30,31) e Piemonte (30,21) mentre altre tredici regioni sono sopra al 15 e solo il Molise sotto. Per le terapie intensive sopra quota 20 in sei: provincia autonoma di Trento (25,56), Friuli-Venezia Giulia (22,86), Piemonte (22,61), Lazio (21,95), Toscana (21,93) e Sicilia (20,24), mentre altre tredici regioni sono sopra al 10 e solo Basilicata e Molise sotto al 10. In seguito a questi numeri passano da lunedì in arancione Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte e Sicilia, che raggiungono la Val d'Aosta. Se la cavano per un soffio Lazio e Liguria. Puglia e Sardegna diventano invece gialle. In bianco ormai solo Basilicata e Molise.
Di altro genere ma altrettanto preoccupati i numeri resi noti dalla Fadoi, la federazione internisti ospedalieri: nell'86 per cento degli ospedali è difficile (57) o non si riesce (29) a isolare gli asintomatici che entrano non «per» Covid ma «con» il Covid, e affetti da altre patologie, con rischio di contagiare i «non Covid» nel 50 per cento dei casi.
L'isolamento comporta comunque la perdita di altri posti letto, con il 64 per cento degli ospedali che rinvia un numero rilevante di ricoveri programmati, percentuale che sale all'86 per cento per gli interventi chirurgici. E poi c'è la gestione del personale, problematica nel 43 per cento dei casi.
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