Dispiace abusare dei luoghi comuni ma è proprio il caso di dire: la montagna ha partorito il topolino. Il quotidiano la Repubblica, per dimostrare che Giorgia Meloni è una nostalgica del fascismo, ha messo in campo una mega-inchiesta: tre puntate, una mezza dozzina di firme, una dozzina di pagine e almeno 350mila «agili» battute. Impaginazione in bianco e nero, la Meloni indicata solo con la lettera M caso mai non fosse chiara la tesi: la continuità sostanziale tra Mussolini e Meloni. Dopo tutta questa fatica, e un impiego massiccio delle forze redazionali, qualcuno, nella stanza dei bottoni di Repubblica, deve aver gridato: «Portatemi un paio di studiosi che analizzino il linguaggio di M(eloni) e dicano che parla come M(ussolini)». Ieri, appena prima della parola FINE, c'era il parere dei due studiosi. Ecco cosa hanno detto. Studioso numero uno: «Ha un doppio registro: uno, più moderato, per assicurare nuovi elettori e l'altro più radicale mobilitare i fedelissimi. Ma in generale non direi che usa il linguaggio del fascismo». Ahi. E che linguaggio usa? «Molto conservatore, con tratti d'autoritarismo, non lontano da quello dei repubblicani americani o dei tories inglesi». Se guardiamo all'Europa, c'è qualche punto di contatto con «lepenismo e gaullismo». Beh, sarà andata meglio con lo studioso numero due. Giudicate voi. Studioso numero due: «Il principale obiettivo per la leader dei Fdi è accreditarsi». Manda messaggi in tre lingue per farsi comprendere dagli osservatori internazionali, e ogni sforzo si concentra proprio nel tentativo «di non offrire alcun pretesto a paralleli col Ventennio». Ahi. Possibile che non ci sia niente ma proprio niente, nemmeno un fascio littorio, anche piccolo, nemmeno un attacco alle plutocrazie, anche vago... Studioso numero due: «La scelta di collocarsi in maniera molto atlantista non era affatto scontata». Per il resto, la campagna elettorale di Fdi, specie nei manifesti, rimanda alla «prima Forza Italia».
Il lettore democratico può tirare un sospiro di sollievo, Meloni non ha niente di diverso dai leader conservatori di mezzo mondo. Eh, no. A Repubblica non ci stanno, tutta questa moderazione è la prova che per l'astuta Meloni «è tempo di tentare l'assalto, quello decisivo, al Palazzo». Rinviato, invece, l'assalto di Repubblica al Pulitzer.
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