I detenuti sull'isola: un business gestito a colpi di favori e di reati

Sono una ventina, tutti semiliberi per buona condotta. Protagonisti di vicende boccaccesche e di un'indagine dei carabinieri per le irregolarità della cooperativa che gestisce i loro servizi

I detenuti sull'isola: un business gestito a colpi  di favori e di reati
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Un progetto avanzato, il fiore all'occhiello di una gestione dal volto umano della politica carceraria: l'isola di Pianosa, dopo la dismissione del carcere di massima sicurezza voluto dal generale Dalla Chiesa, è il simbolo di una prigione tesa al recupero dei detenuti. Peccato che anche questo sia diventato un business gestito a colpi di favori e di reati, almeno secondo l'informativa dei carabinieri di Livorno di cui il Giornale è in possesso.

È la stessa informativa, datata 5 luglio 2021, in cui viene ricostruito con dovizia di particolari sconcertanti il «luna park» - come viene definito in una intercettazione - in cui si era trasformata l'ex isola-carcere, che oggi ospita una colonia agricola con venti detenuti del carcere di Porto Azzurro assegnati a Pianosa per buona condotta. Rapporti sessuali con le turiste, love story tra detenuti e agenti di custodia, pesca e caccia di frodo, ruberie di ogni genere: compresa la commissaria della polizia penitenziaria Giulia Perrini che mette a all'asta su Ebay dei volumi rari e preziosi trovati nella biblioteca del carcere. Il tutto viene a galla dopo che i carabinieri inviano a Pianosa, a comandare il presidio sull'isola, una giovane marescialla estranea ai giri locali. È lei a documentare e fotografare tutto. Comprese le visite a scrocco dei vip - attori, calciatori, presentatori - portati a Pianosa dalla motovedetta della Polizia penitenziaria su decisione del direttore del carcere di Porto Azzurro, Francesco D'Anselmo, che finisce per questo indagato per peculato.

Nel rapporto del 2021, firmato dal maggiore Michele Morelli, vengono ricostruite tutte le manovre per truccare la gara d'appalto per la gestione dei servizi che sull'isola impiegano i detenuti semiliberi provenienti da Porto Azzurro. Sono i cosiddetti «servizi di ristorazione e accoglienza», messi a gara congiuntamente dall'amministrazione penitenziaria e dal Comune di Campo nell'Elba (nel cui territorio è ricompresa l'isola di Pianosa) al fine di garantire insieme a «utilizzo e valorizzazione del territorio» anche «realizzazione di programmi trattamentali avanzati che vedono impegnate persone condannate in esecuzione di pena detentiva».

A gestire i servizi si succedono nel corso degli anni diverse cooperative. A dirigere il minuscolo albergo dell'isola è però sempre Giulia Manca, una dei pochi residenti a Pianosa, che nella relazione dell'Arma appare come uno dei veri dominus dell'isola, anche grazie «al particolare ascendente che la Manca mostra di esercitare sulla persona di Landi Sandra, responsabile dell'area amministrativa del comune di Campo nell'Elba». Grazie a questo ascendente la Manca «riesce a carpire e ricevere informazioni di prima mano sull'andamento della gara d'appalto».

La gara viene varata dal Comune il 3 marzo 2021 e le manovre vengono seguite in diretta dai carabinieri che intercettano sia la Manca che il sindaco, Davide Montauti. C'è già un vincitore designato, la cooperativa Esperia, alla quale la Manca spiega che «in futuro il Comune predisporrà un bando cucendolo addosso a loro senza dare opportunità ad altri di partecipare». In cambio, la Manca ottiene - grazie al Comune - la garanzia di mantenere il posto chiunque sia il vincitore: la Landi la presenta alle cooperative «come una persona che dovrà essere assunta da chiunque si aggiudichi l'appalto (...) lei fa parte del pacchetto, chi vuole prendere Pianosa deve prendere anche a Giulia se no non c'è pacchetto». «Sono il sindaco ufficiale di Pianosa», si vanta la Manca al telefono. La cooperativa Esperia però sbaglia a presentare la domanda, e l'appalto rimane alla cooperativa Arnera.

Tra i traffici venuti a galla c'è persino quello per impadronirsi delle visite alle catacombe paleocristiane. Il sindaco «era andato a Roma perché lui voleva farle prendere a me», dice la Manca.

Ma scende in campo l'Ente Parco che «intervenne con il Vescovo per lasciare la gestione all'ente stesso, nella persona di Carlo Barellini»: quest'ultimo viene definito dai Cc «soggetto molto discusso per i suoi rapporti con detenuti e agenti».

LF

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