Un anno per imbastire la prima udienza di un processo ad un assassino che ha pure confessato; un anno per dare l'ultimo saluto alla sua vittima, con un funerale bloccato da burocrazia e lockdown. Dodici mesi esatti come oggi, il 25 agosto 2019, era domenica: Elisa Pomarelli pensava di fare in tempo entro sera a portare alla sorella le uova fresche del suo nuovo pollaio ed, invece, finì strangolata e mezzo sepolta fra i boschi della val Trebbia da Massimo Sebastiani. Lei 28 anni, lui 45; lei che né voleva né poteva pensare ad altro che ad un'amicizia, lui che sperava in una relazione. Ieri Elisa è, finalmente, tornata a casa. Come uccisa una seconda volta da un rimpallo di documenti e procedure: la sua salma è rimasta bloccata 12 mesi all'istituto di medicina legale di Pavia, prima dalle indagini, poi dal virus e dalla burocrazia di una serie di errori, fra timbri mancanti e nulla osta non pervenuti. Nella chiesa di Borgotrebbia, in una Piacenza listata a lutto, l'ultimo saluto, alla sua giovinezza spezzata: la bara bianca, i fiori rosa, le note di Ligabue per quella Piccola stella senza cielo che «Ora invece brilla nel firmamento». Semplici le parole dell'omelia. Per Elisa, dagli occhi blu con i suoi mille progetti: aiutava come assicuratrice nell'impresa di famiglia, ma sognava la natura, l'agricoltura e di mettere in piedi una piccola attività, proprio con quell'uomo più grande, di cui si è fidata troppo.
Lo scorso agosto Sebastiani, dopo aver ucciso Elisa, vagò per due settimane, trovando riparo anche nella casa del padre di una sua vecchia fidanzata, prima di venire fermato e confessare. Ora, dopo l'udienza preliminare, celebrata ad inizio agosto, attende, in carcere a Le Novate di Piacenza, il suo destino, che potrebbe compiersi anche con rito abbreviato e con uno sconto di pena che gli eviterà l'ergastolo. Lo dice la legge: il codice penale prevede l'omicidio aggravato, fra l'altro, nell'ipotesi di relazioni stabili, come un coniuge, un convivente, un fidanzato acclarato. Questo delitto, invece, come tanti femminicidi, non si è consumato «fra congiunti certificati», si direbbe oggi in epoca di autocertificazioni. La legge non contempla le intenzioni fraintese e cioè che l'assassino si fosse fatto delle idee su Elisa che lei non ha mai corrisposto. Il giudice non ha riconosciuto, fra le altre ipotesi di aggravante, ne premeditazione ne crudeltà, e così Sebastiani sarà processato per omicidio sì, ma «solo» volontario, che permette anche di accedere al rito abbreviato. Pur prevedendo il massimo della pena, il conto è fatto: due decenni o poco più e poi fuori, se non prima.
Se il tribunale accoglierà la perizia psichiatria e la richiesta di un rito abbreviato condizionato, per Sebastiani scatterà lo sconto e un altro femminicidio sarà derubricato, con un dolore raddoppiato dai cavilli della legge. Mentre il sogno di Elisa resterà li, infranto sul Trebbia, accanto a quelle uova fresche che il destino non le ha fatto mai raccogliere.
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