Sono fuori controllo. «Il punto - afferma Maurizio Paniz, parlamentare di Forza Italia per tre legislature e avvocato oggi impegnato sul fronte dei vitalizi - è che la magistratura ha acquisito un potere enorme ma non ne risponde. C'è uno squilibrio evidente».
Ora arrivano i referendum. Saranno una forma di vendetta affidata al popolo?
«No, nessuna vendetta o ritorsione, ci mancherebbe. Il problema è che l'opinione pubblica è disorientata, ci sono stati troppi scandali, troppi abusi, troppe persone finite in carcere per errore. Adesso dobbiamo riequilibrare il sistema».
Ma non ci sono già le riforme della ministra Cartabia?
«Per quanto mi riguarda sono deboli, affrontano alcuni aspetti del problema ma non incidono in profondità sulle cause di queste gravi disfunzioni».
E quali sono le cause?
«Semplice: la magistratura funziona come una corporazione che si amministra da sola, si dà i voti da sola, si processa da sola. E non tollera non dico intrusioni, ma critiche o osservazioni. In questo modo purtroppo i giudici italiani hanno dilapidato il capitale di stima che avevano conquistato sul campo della lotta alla mafia, al terrorismo, alla corruzione».
Adesso?
«Il parlamento si metta al lavoro per rinnovare il Consiglio superiore della magistratura. Modificando anche l'ingresso, magari con il sorteggio, e sottraendolo ai capricci delle correnti».
I partiti si divideranno?
«Gli uomini bravi e preparati ci sono in tutte le formazioni. Ma il Consiglio superiore della magistratura non può rimanere quello di oggi. Due sono gli interventi necessari, sollecitati indirettamente dalle firme raccolte per i referendum: ci vuole una Disciplinare che dia sanzioni adeguate alle mancanze che via via vengono scoperte e vanno introdotti criteri di merito per la progressione in carriera. Oggi le valutazioni sono tutte applausi e lodi. Possibile?».
Ma come si fa a cambiare?
«Ripeto: non possono essere solo i magistrati a dare le pagelle sui loro colleghi. Così l'apparato proteggerà sempre se stesso. Ci vogliono anche controllori esterni, anzitutto avvocati, perché gli avvocati si muovono sullo stesso campo e conoscono la realtà».
Al posto della Disciplinare anche lei immagina, come altri, un'Alta corte esterna?
«No, possiamo pure lasciare la Disciplinare dentro il Consiglio superiore, ma anche qui la sua composizione va integrata con avvocati e immettendo energie positive che non appartengano alla magistratura».
È giusto intervenire sulla custodia cautelare?
«Certo che è giusto. Il carcere preventivo dev'essere un'eccezione e invece più di una toga mi ha confessato che la custodia cautelare alla fine è figlia dell'inefficienza del sistema».
La si scambia per il verdetto?
«È un'amata verità. Poiché le pene, ancora di più quelle definitive, arrivano se arrivano dopo anni e anni e spesso il procedimento si perde prima, allora alcuni anticipano nella prima fase, quella dell'inchiesta, la condanna che non ci sarà».
Sulla Severino Forza Italia, che all'epoca votò la nuova norma, ha ingranato la retromarcia?
«Io non l'avevo votata e per due ragioni. La prima: mancava quella che si chiama tipizzazione di alcuni reati, perché il rischio di sconfinare nell'illecito è sempre alto, a maggior ragione in un Paese che è lastricato di norme di tutti i tipi, pasticciate e confuse. E poi non si capisce perché il politico debba essere affondato da sanzioni peggiorative come la Severino rispetto agli altri».
Lei è l'avvocato dei vitalizi e molti ex deputati e senatori fanno la fila nel suo studio.
«Guardi, chi ha sbagliato deve pagare e scontare la condanna. Ma non mi sta bene che l'ergastolano riceva la pensione e un ex della politica, anche se ha pagato i contributi, debba perdere il vitalizio».
Ma dal Palazzo non sarebbe lecito aspettarsi standard più elevati di moralità?
«Va bene, ma lo si faccia con codici etici, non per legge. Invece, la politica, non più sostenuta dalla vecchia immunità, ha paura a contestare le toghe. Ora però è giunto il momento di rimettere anche quel contrappeso».
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