I mille voltafaccia di Matteo Renzi

Da #enricostaisereno a #senzadime, passando dalla promessa di lasciare la politica in caso di sconfitta al referendum costituzionale, le giravolte di Matteo Renzi ormai non si contano più

I mille voltafaccia di Matteo Renzi

"Non sono pentito, le condizioni allora erano completamente diverse”. Matteo Renzi disconosce sé stesso e, al contrario di un anno fa, propone un governo con i Cinquestelle.

Il voltafaccia di Renzi sul governo M5S-PD

Un cambio di linea repentino e fatto senza alcun pudore. Non è certamente la prima volta che il senatore di Rignano sull’Arno ribalta completamente le sue posizioni ma le motivazioni sono alquanto bizzarre. “In quella fase l’accordo tra Pd e M5S avrebbe dato l’idea di un’intesa per le poltrone”, spiega affermando che ora siamo di fronte a“tutta un’altra storia rispetto a 18 mesi fa" perché Matteo Salvini ha aperto la crisi poco prima di Ferragosto. Sinceramente nutriamo qualche dubbio sul fatto che la nascita di un eventuale esecutivo Pd-M5S non dipenda dall’esigenza di salvaguardare le proprie poltrone ma, pur prendendo per buono le parole di Renzi, quale articolo costituzionale vieta di far cadere un governo in piena estate? Renzi ha agito per senso di responsabilità o forse per la necessità di sbarrare la strada a una vittoria di Matteo Salvini alle elezioni?

Il fallimento della "politica del pop-corn"

Non sarebbe stato più responsabile avviare un governo Pd-M5S il giorno dopo le elezioni del marzo 2018, dal momento che l’esito delle urne decretava, sì, una debaclè del Partito democratico ma grillini e democratici rappresentavano le prime due forze in Parlamento? Il successo di Salvini fu evidente ma, stando alle percentuali, si posizionò terzo (M5S 32,5%, Pd 18% e la Lega 17%). In un qualunque altro Paese europeo, di norma, in situazioni di stallo, si forma un governo di grande coalizione tra i primi due partiti. In Italia nella primavera del 2018 avvenne diversamente perché Renzi preferì adottare la politica del “pop-corn”: mettiamoli alla prova, vediamo che sanno fare e aspettiamo che falliscano. Risultato? La Lega al 34% e il M5S al 17%. Un ribaltamento che, inevitabilmente, non poteva che portare alla fine del governo Conte.

Ma, prima di proseguire, è bene ricordare quali furono le dichiarazioni pubbliche di Renzi in quei giorni concitati e nei mesi successivi. "Quando vedo certe capriole, sono orgoglioso di aver contribuito – insieme a tanti altri militanti – a evitare l’accordo tra il Pd e i Cinque Stelle. Lo ripeto: sono orgoglioso. Perché non è stata una ripicca, ma solo una constatazione: rispetto ai dirigenti Cinque Stelle noi abbiamo una diversa concezione dell’Europa, del lavoro, del futuro, dei diritti, della lotta politica contro gli avversari”, dichiarò l’ex premier il 4 maggio di un anno fa. E ancora: “Se hanno i numeri per governare, governino. Ma massimo rispetto anche per chi non vuole finire la propria esperienza come partner di minoranza della Casaleggio e Associati srl”. Parole che, probabilmente, erano rivolte a esponenti del Pd, come Dario Franceschini, che in quei mesi si era speso molto affinché i dem stringessero un patto con i pentastellati. “Il 5 marzo mi chiamò Franceschini, voleva un accordo Pd-M5S e Di Maio premier”, rivelò da Bruno Vespa l’ex segretario Pd. “Non mettevano veti, anzi si auguravano che portassi la mia esperienza in Italia o all’estero. Manco morto, risposi, io non ci sono, noi non ci siamo”, ribadì Renzi che, in quel periodo, aveva lanciato l’hashtag #senzadime.

Da #enricostaidereno alla promessa di lasciare la politica

Ma l’hasthag divenuto un vero cult è senza dubbio #enricostaisereno pronunciato il 17 gennaio 2014 nel corso del programma Le invasioni barbariche condotto da Daria Bignardi. “Mi piacerebbe arrivare a Palazzo Chigi passando dalle elezioni, non con inciuci di Palazzo”, disse l’allora segretario del Pd aggiungendo: “Diamo un hastag #enricostaisereno, nessuno ti vuol prendere il posto”. Morale della favola? Il 22 febbraio 2014 Renzi si insedia a Palazzo Chigi, ovviamente senza passare attraverso un voto popolare. Poi, da presidente del Consiglio, le bugie, o meglio le promesse mancate, aumentano. L’impegno di visitare una scuola ogni settimana viene disatteso dopo che alcuni bambini cantano per lui una canzoncina dando vita allo scoppio di inevitabili e fragorose polemiche. Il 13 marzo 2014, ospite di Porta a Porta, annuncia che avrebbe pagato i debiti della pubblica amministrazione entro il 21 settembre successivo.“Se lo facciamo, lei poi va in pellegrinaggio a piedi da Firenze a Monte Senario”, aveva scommesso con Bruno Vespa. Il 23 maggio 2014, sempre a Porta a Porta, promette: “Entro l’anno noi andiamo a eliminare tutte le accise ridicole sulla benzina”. Nulla di tutto ciò è mai accaduto.

Infine la madre di tutte le promesse mai mantenuta: il ritiro dalla vita pubblica in caso di sconfitta al referendum costituzionale. "Ho personalmente affermato davanti alla stampa e lo ribadisco qui davanti alle senatrici e ai senatori che nel caso in cui perdessi il referendum, considererei conclusa la mia esperienza politica”, dichiarò il 20 gennaio 2016 intervenendo a Palazzo Madama.

Anche in questo caso sappiamo tutti com’è andata a finire… Visti i precedenti non escludiamo altri voltafaccia, compresa la possibilità di fondare un nuovo partito sebbene, dopo la vittoria di Nicola Zingaretti alle primarie, Renzi avesse promesso che non avrebbe fatto da contraltare al nuovo segretario del Pd e tantomeno una scissione.

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