La cultura ufficiale del nostro tempo vive una situazione davvero paradossale e una prova si è avuta in questi giorni, quando all'università di Milano prima un gruppo di studenti di sinistra ha impedito il regolare svolgimento di un convegno e poi tutte le autorità a accademiche (a partire dalla rettrice, Marina Brambilla) hanno condannato chi ha inteso chiudere la bocca al prossimo.
Dove sta il paradosso? Nel fatto che gli alfieri del politicamente corretto e del conformismo in auge non possono in alcun modo contestare i contestatori, dato che il loro modus operandi è egualmente censorio e illiberale.
D'altra parte, in larga parte dell'Occidente è ormai complicato trovare un'università che sia priva di norme di stampo orwelliano sull'uso del linguaggio e che non abbia un qualche «codice etico» (sic) che presuma di definire - e una volta per tutte - ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Se le università ereditate dal ventesimo secolo sono i luoghi in cui i nuovi Torquemada raggiungono oggettivamente livelli ineguagliabili, questa repressione sulle parole e quindi sulle opinioni non si limita all'accademia. Non a caso vi sono comici che hanno iniziato a lamentarsi di tale crescente restrizione della libertà di parola e anche chi in passato s'esprimeva più liberamente (come nel caso, in Italia, di Checco Zalone) oggi s'è molto allineato.
Non è un caso che nei giorni scorsi un gran numero di figure pubbliche - cantanti e attori, giornalisti e romanzieri - abbiano deciso di lasciare X (quello che prima si chiamava Twitter) per protestare contro Elon Musk (nella foto), che almeno a parole dice di non voler chiudere la bocca a nessuno.
La principale colpa del magnate di origini sudafricane, infatti, consiste nel dichiararsi un assolutista del «free speech» e un difensore del primo emendamento. Le star hollywoodiane e gli intellettuali à la page non possono però gradire il suo essere restio a bloccare questo o quel contenuto.
D'altra parte sono decenni che la retorica progressista più o meno ispirata da Michel Foucault sostiene che ci può essere tanta violenza nella comunicazione quanta nell'uso della forza fisica. Se le cose stanno così, è normale che ci si trovi entro un regime di polizia linguistica sempre più invasivo e illiberale.
I ragazzi che hanno bloccato la conferenza in Statale non vengono dalla luna: essi sono gli studenti di quegli stessi professori che prima li hanno portati a pensare che non ci sarebbe nulla di fascista nell'essere intolleranti anche se ora li contestano in nome dei principi di tolleranza. Forse qualcuno dovrebbe ripassare un poco la logica aristotelica.
In questa situazione la speranza è che ci si renda conto che l'unica alternativa alla libera espressione difesa da Musk è un ordine autoritario, nel quale c'è chi s'arroga il diritto di gestire le parole e le idee di tutti gli altri.
Quando gli oligarchi del pensiero comprenderanno che il loro moralismo ci ha portato in un universo dominato da dogmatismi e banalizzazioni, forse apriranno gli occhi. E magari ognuno potrà tornare a parlare e pensare come meglio gli piace.
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