Condannati in via definitiva, ma ancora in servizio. Sospesi dal Csm, ma ancora liberi di lavorare. Se fossero già in vigore le pagelle per i magistrati, Michele Ruggiero e Alessandro Donato Pesce prenderebbero due zeri spaccati. Il loro è il caso - unico in Italia - che meglio fotografa le crepe della nostra giustizia, perché ne contiene i tratti peggiori. Tempi biblici, difesa corporativa, privilegi da casta e noncuranza dell'opinione pubblica.
Il 30 gennaio scorso sui due pm è piovuta la sentenza finale della Cassazione: rispettivamente 6 mesi e 4 mesi di reclusione per violenza privata ai danni di alcuni testimoni. In pratica, quando lavoravano alla procura di Trani avevano minacciato, intimidito ed esercitato violenze verbali nei confronti di tre persone al fine di ottenere false dichiarazioni. Metodi tutt'altro che legali, insomma. «Io le cose le so già e te ne andrai in carcere pure tu»; «ti sto sottoponendo a questa specie di chiacchierata interrogatorio che verrà tutta fono registrata per darti la possibilità di salvarti»; «Tua moglie lo sa cosa hai fatto? Che tu fai così?»; «Tu mo' ti puoi alzare, te ne vai e poi ci vedremo tra un mesetto però in una diversa posizione, tu dietro le sbarre e io da un'altra parte»; «Anche la sola indagine a tuo carico ti creerebbe un casino di problemi per la laurea, per il tuo futuro»: queste sono solo alcune delle frasi finite agli atti, giusto per dare l'idea del modus operandi.
A fine maggio scorso, un'altra beffa. La procura generale della Cassazione chiede la radiazione, ma la sezione disciplinare del Csm preferisce «graziarli» con una sospensione di due anni per Ruggiero e di nove mesi per Pesce. E come se non bastasse, alla fine del periodo di sosta forzata i due torneranno a lavorare come magistrati civili, uno a Torino e uno a Milano. Peccato però che la sospensione non sia ancora divenuta esecutiva. Motivo? I due magistrati possono appellare la decisione davanti alle Sezioni unite della Corte di Cassazione. Cosa che hanno naturalmente fatto. In base a quanto ha appreso da il Giornale, i due magistrati avrebbero presentato due ricorsi distinti, cosa che ha rallentato ancora i tempi e inoltre la decisione dell'adunanza plenaria delle Sezioni unite della Corte di Cassazione sarebbe stata rinviata a data da destinarsi, cioè chissà quando verrà presa.
Nel frattempo, come se nulla fosse e a distanza di quasi un anno dalla loro condanna, Ruggiero e Pesce continuano a indagare, a coordinare inchieste, a interrogare testimoni e a percepire lo stipendio, pagato dai contribuenti. Lo fanno alla Procura della Repubblica di Bari, dove sono entrambi sostituti procuratori. Ruggiero è componente del gruppo specializzato numero 1, cioè reati contro la Pubblica Amministrazione in materia di edilizia, urbanistica ed ambientale.
Pesce invece è componente del gruppo specializzato numero 3, che si occupa di reati contro la famiglia, la morale sessuale, la privacy, lavoro ed extracomunitari. Incarichi non proprio di secondo ordine per due condannati in via definitiva. Alla faccia di qualunque altro cittadino che, se colpito dalla stessa sorte, sarebbe finito il giorno dopo in galera e licenziato in tronco.
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