I pm scuotono San Marino In cella l'ex capo di Stato Gatti

A San Marino la chiamano la «Tangentopoli del Titano», il terremoto giudiziario che da due anni a questa parte sta facendo crollare pezzo per pezzo un sistema politico in piedi da vent'anni. Ieri l'ultimo atto con l'arresto eccellente di Gabriele Gatti, ex capo di Stato ed ex ministro degli Esteri, storico leader della Democrazia cristiana nella Repubblica indipendente, il partito ancora oggi di maggioranza al governo. Secondo le accuse mosse dai commissari della legge Alberto Buriani e Antonella Volpinari, Gatti avrebbe tenuto una condotta illecita a partire dal 1999 fino al 2015: si va dall'associazione per delinquere finalizzata alla corruzione al voto di scambio e al riciclaggio di tangenti. Come documentato da SanMarinoRtv , Gatti ha varcato ieri mattina alle 8.30 le soglie del carcere dei Cappuccini, arrivando a bordo di una Panda gialla. Al dominus democristiano viene contestata una speculazione da 60 miliardi di vecchie lire dei Tavolucci, la zona in cui anni fa fu costruito il centro servizi dove tra gli altri uffici ha sede il Tribunale unico di San Marino. A Gatti nel 2015 viene attribuita anche la falsificazione di prove a discredito dei magistrati che indagavano sul suo conto nell'ambito dell'inchiesta partita dal «conto Mazzini». In tribunale vi sarebbero depositate alcune registrazioni, una ricevuta dalle toghe in forma anonima e ritenuta «attendibile», in cui si parlerebbe di come gettare discredito su inquirenti e indagini e di costruire prove ad arte. Sotto la lente degli investigatori ci sono pure la vendita di licenze bancarie e operazioni di riciclaggio, circolano nomi di imprenditori italiani del settore tessile con interessi a San Marino, e spuntano libretti al portatore «sospetti» per veicolare le mazzette.

Così deflagra un'altra bomba giudiziaria proprio alla vigilia del «maxi-processo Conto Mazzini», che inizierà domani, il primo a San Marino sulla presunta corruzione di quasi un'intera classe dirigente, con numeri da «record»: 21 imputati tra cui 8 ex segretari di Stato, 9 fascicoli di indagine, 28 capi di imputazione. Un processo che tuttavia parte tra veleni e «molte ombre», denunciano sin dall'inizio della vicenda gli avvocati Stefano Pagliai e Massimiliano Annetta, difensori dell'altro ex ministro dc Claudio Podeschi, che figura tra gli imputati, finito in carcere nel giugno dello scorso anno insieme alla sua compagna per accuse simili a quelle rivolte a Gatti e scarcerato questo luglio «solo dopo l'intervento della Corte di Strasburgo, per violazione dei diritti umani e del diritto di difesa», riassumono al Giornale i legali.

Che si preparano alla battaglia: «Siamo di fronte a un procedimento di carattere inquisitorio, in cui pm e gip sono la stessa persona; con atti secretati alla difesa per tutta la durata delle indagini e dove il reato principe, l'accusa di riciclaggio di denaro, si fonda su un processo già archiviato in Svizzera. Non pensavamo di dover arrivare a rimpiangere le garanzie del sistema giudiziario italiano...». Sulla Rocca il nastro sembra essere tornato indietro al 1992.

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