Una zona grigia di rapporti con la criminalità organizzata, i suoi boss e i suoi «pentiti», gestiti dall'ex poliziotto Carmine Gallo anche per conto della magistratura. È questa la faccia tenuta segreta dell'inchiesta che ha portato la Procura di Milano ad arrestare Gallo e tre suoi collaboratori e a indagare Enrico Pazzali, presidente (ora autosospeso) della Fiera di Milano e proprietario di Equalize, la società specializzata in dossier e hackeraggi. Accanto alla parte emersa dell'inchiesta, con le migliaia di accessi abusivi ai sistemi informatici più delicati del Paese, i carabinieri del Nucleo Investigativo di Varese - coordinati dalla Procura di Milano e dalla Direzione nazionale antimafia - stanno accumulando tracce che potrebbero costringere a rileggere molti anni di vicende giudiziarie. Queste tracce sono coperte da pagine e pagine di omissis nelle carte depositate, e per la maggior parte sono ancora chiuse nei cassetti dei pm. Ma la fermezza con cui il procuratore aggiunto Alessandra Dolci, capo del pool antimafia di Milano, ha rifiutato in queste settimane di rendere noto da dove nasca l'inchiesta su Equalize la dice lunga sulla delicatezza della faccenda. Alla base di tutto ci sarebbe un incontro tra Gallo e tale Accarino, pregiudicato, sotto inchiesta dai Cc di Varese. Iniziando a scavare sui rapporti tra i due, i carabinieri afferrano il bandolo di una matassa impensata.
«Rapporti indicibili» di Gallo, vengono definite in uno dei passaggi delle carte, le relazioni accumulate nel corso degli anni dal superpoliziotto milanese con la criminalità organizzata. Il tema sono i rapporti con i confidenti, gli accordi sottobanco, le soffiate, gli scambi di favori che hanno permesso per decenni a Gallo di diventare l'uomo di fiducia sia della Procura di Milano che dei boss di numerose cosche. Quando c'era da risolvere un problema, a costo di violare le regole, era Gallo a intervenire. Sono anni sui quali nelle intercettazioni Gallo si lascia andare a confidenze, raccontando di un pm che consumava cocaina. Una sola riga sopravvissuta agli omissis in una informativa dei carabinieri ai pm rende ancora più esplicito il terreno delicato in cui si muove il lato oscuro dell'inchiesta: «Gallo, i rapporti con i criminali e collaboratori e l'avv. Maris». Per capire la gravità della chiamata in causa, bisogna sapere chi è l'avvocato: Gianluca Maris, figlio del senatore comunista Gianfranco Maris, avvocato penalista di fiducia della Procura milanese, specializzato nella difesa dei «pentiti»: a partire dal più celebre, Leonardo Marino, che fece arrestare e condannare gli autori del delitto Calabresi. E poi di una lunga serie di killer e boss, soprattutto della 'ndrangheta.
Qual era l'obiettivo dei pm milanesi nel lasciare visibile nell'informativa quell'unica riga col nome di Maris? Citare l'avvocato vuol dire aprire una finestra su una intera stagione di gestione della giustizia milanese, visti i rapporti di stima e di amicizia personale che hanno sempre legato Maris agli esponenti più importanti della Procura. Ma una parte dei rapporti, quella più delicata, era gestita direttamente da Gallo.
Di alcune operazioni border line sono emerse tracce in questi anni: quando Gallo, ancora in servizio, viene indagato e poi assolto per l'evasione di Giorgio Tocci, ex poliziotto, poi sicario, poi pentito; o quando grazie a Gallo si arriva alla liberazione di Alessandra Sgarella, l'ultima vittima milanese dell'anonima sequestri, in cambio di aiuti giudiziari a esponenti della 'ndrangheta; o quando Gallo viene incriminato per avere fatto aprire dalla Procura di Milano una inchiesta solo per proteggere un suo confidente storico, Federico Corniglia. Ma c'è sicuramente dell'altro, e starà ora a Gallo decidere se, quando parlerà di Equalize, vorrà parlare anche di questo.
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