I Repubblicani al veleno: la sconfitta di Liz Cheney (che vuole sfidare Trump)

La figlia dell'ex presidente Dick battuta dalla candidata del tycoon. Ma rilancia per il 2024

I Repubblicani al veleno: la sconfitta di Liz Cheney (che vuole sfidare Trump)

La cima che Liz Cheney si è trovata a scalare è più alta degli oltre 4mila metri del Gannett Peak, la vetta principale del suo montuoso Wyoming. La 56enne figlia dell'ex vice presidente Dick Cheney, il «falco» dell'Amministrazione di Goerge W. Bush, ha scelto la via più impervia e impossibile: convincere quel quasi 70 per cento di elettori dello Stato (tutti repubblicani, naturalmente) che nel 2020 votarono per riconfermare Donald Trump alla Casa Bianca, che l'ex presidente è «la più grande minaccia per la nostra Repubblica nei suoi 246 anni di storia». Il copyright è dell'anziano Dick, in uno spot elettorale a favore della figlia. A scrutinio in corso, è quasi certo che Liz non ce la farà a ottenere la nomination del Grand Old Party per l'unico seggio assegnato al Wyoming nella Camera dei rappresentanti del Congresso. La sua «colpa», in questo Stato scarsamente popolato, ma agguerrito nell'abbracciare il populismo «Maga» (Make America Great Again) di Trump, è stata l'aver votato a favore del secondo impeachment nel confronti dell'ex presidente, quello successivo alla tentata insurrezione del 6 gennaio 2021.

Liz Cheney è infatti l'ultima superstite degli «Impeachment 10», i 10 deputati che si schierarono allora contro Trump. Tutti gli altri hanno già perso le loro primarie, sconfitti da candidati trumpiani, o hanno deciso di non ricandidarsi. Coerente con la sua scelta, Liz si è poi distinta negli ultimi mesi nel suo ruolo di vice presidente della Commissione della Camera che indaga sui fatti del 6 gennaio, unica repubblicana dell'organismo, insieme ad altri due colleghi di partito. «Se il prezzo per difendere la Costituzione è perdere il seggio alla Camera, è un prezzo che sono disposta a pagare», ha detto in una recente intervista. Per dare un'idea del clima che ha circondato la sua campagna elettorale, la Cheney ha potuto organizzare solo eventi a invito in casa propria, per il rischio di attentati, viste le numerose minacce di morte ricevute. Trump, per assicurarsi di mettere fine alla dinastia politica dei Cheney, che per decenni ha dominato in Wyoming il Partito repubblicano, le ha schierato contro l'ex amica Harriet Hageman, che oggi ha cambiato casacca, promettendo di «strappare il seggio all'usurpatrice». L'ultimo sondaggio, di pochi giorni fa, assegna alla Hageman un vantaggio di quasi 30 punti.

Non aiuteranno Liz Cheney nemmeno le migliaia di elettori democratici che nelle ultime settimane hanno scelto di cambiare affiliazione politica solo per votare per lei. Un fenomeno inedito nella politica Usa. Una conferma del livello di polarizzazione raggiunto dalla politica Usa attorno al nome di Trump. Quanto a lui, l'ex presidente, quello del Wyoming - e dell'Alaska, dove però la legge elettorale locale non prevede primarie all'ultimo sangue come negli altri Stati - è il primo test elettorale, dopo la clamorosa perquisizione dell'Fbi nella sua residenza di Mar-a-Lago. Se nemmeno la scoperta che documenti top secret sui segreti militari Usa erano finiti nella sala hobby di casa sua, in maniera del tutto impropria e - stando agli atti - illegale, riuscirà a scalfire la fede cieca che i trumpiani hanno in Trump, significa che il Partito repubblicano è ancora cosa sua. Anche se sconfitta, Cheney promette battaglia in vista del 2024. In una recente intervista non ha escluso una sua candidatura nelle primarie repubblicane per la Casa Bianca.

Nel frattempo, Trump potrebbe essere stato azzoppato dalle tante inchieste, anche se la via giudiziaria, in America come altrove, non potrà mai sostituirsi a quella delle urne. Vale la pena ricordare quello che Trump disse nel 2016, in piena campagna elettorale: «Potrei sparare a qualcuno in pieno giorno sulla Quinta Avenue e non perderei voti». Per ora, continua ad avere ragione lui.

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