I rincari asfissiano il Nord industriale: "40 miliardi, così non reggiamo"

Le imprese delle Regioni locomotive del Pil lanciano l'allarme: "Siamo sull'orlo del baratro, a rischio la tenuta sociale". Le richieste: tetto al prezzo del gas e riforma del mercato elettrico

I rincari asfissiano il Nord industriale: "40 miliardi, così non reggiamo"

L'emergenza energia è già una drammatica realtà. E i suoi effetti sono già visibili, qui e ora. Regioni e organizzazioni confindustriali del Nord lanciano un allarme gravissimo, da ultima spiaggia: nell'area più importante del tessuto industriale italiano gli aumenti rischiano di superare i 40 miliardi, un impatto devastante, in grado di mettere «a repentaglio la sicurezza e la tenuta sociale nazionali».

È uno scenario apocalittico, quello che disegnano i protagonisti del tessuto produttivo che fa da spina dorsale all'economia italiana. Le stime d'altra parte sono terrificanti, e gli effetti dei rincari già si vedono sulla carne viva del Paese. Non è solo questione di previsioni sul futuro, la questione è di sopravvivenza: «Siamo sull'orlo del baratro», avverte per esempio Roberto Grassi, presidente dell'Unione degli Industriali della Provincia di Varese.

Si sono incontrati lunedì sera in via straordinaria, i presidenti Francesco Buzzella (Confindustria Lombardia), Annalisa Sassi (Confindustria Emilia Romagna) Marco Gay (Confindustria Piemonte) ed Emilio Carraro (Confindustria Veneto), e ieri hanno lanciato un «sos» in linea con l'appello del presidente nazionale Carlo Bonomi. Con loro, gli assessori allo sviluppo economico delle quattro Regioni. Già quasi un anno fa il lombardo Guido Guidesi aveva capito cosa stava succedendo: parlava di una «crescita esponenziale» dei prezzi delle forniture energetiche, prospettandola come una sorta di «nuovo lockdown». «Purtroppo avevamo ragione - commenta ora - e oggi vanno trovate soluzioni urgenti immediate a livello europeo». Superando gli steccati politici e partitici, le Regioni sottoscrivono gli allarmi delle imprese, che paiono disperati.

I rappresentanti delle Confindustrie delle quattro regioni hanno presentato agli assessori i dati degli incrementi dei costi energetici dal 2019 al 2022: emerge che nel 2019 il totale dei costi di elettricità e gas sostenuti dal settore industriale delle quattro regioni ammontava a circa 4,5 miliardi di euro, mentre nel 2022 gli extra-costi raggiungeranno nell'ipotesi più ottimistica una quota pari a circa 36 miliardi, che potrebbe essere addirittura superiore ai 41 miliardi nello scenario di prezzo peggiore.

«La situazione ha carattere di straordinarietà e urgenza indifferibile - dicono i rappresentanti di Confindustria - perché è impossibile mantenere la produzione con un tale differenziale di costo rispetto ad altri Paesi (Ue e extra Ue) nostri competitor, che va a colpire non solo le imprese esportatrici dirette, ma anche tutta la filiera produttiva, con un effetto pesantemente negativo soprattutto sulle piccole e medie imprese».

«È chiaro ormai - sintetizzano i presidenti delle organizzazioni - che ogni risorsa deve essere destinata prioritariamente a questa emergenza». La richiesta accorata è quella di misure di contenimento dei prezzi. Le imprese «non possono attendere un giorno di più».

Ed eccole, le misure richieste: un tetto al prezzo del gas (europeo o nazionale), la sospensione del meccanismo europeo che prevede l'obbligo di acquisto di quote Ets a carico delle imprese, la riforma del mercato elettrico con la separazione del meccanismo di formazione del prezzo dell'elettricità da quello del gas, la destinazione di una quota nazionale di produzione da fonti rinnovabili a costo amministrato all'industria manifatturiera.

In mancanza di queste misure, l'Italia potrebbe non avere più un sistema industriale.

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