Il ritorno dei "Dalemoni"

Se c'è uno sport in cui la sinistra eccelle, anzi è imbattibile, è quello di complicarsi la vita

Il ritorno dei "Dalemoni"

Se c'è uno sport in cui la sinistra eccelle, anzi è imbattibile, è quello di complicarsi la vita. A sentire i bene informati il vertice del Pd, con una mezza complicità di Matteo Renzi, accarezzerebbe un piano per togliersi dal cul de sac sul Quirinale in cui è finito non potendo contare su un candidato competitivo e avendo meno voti del centro-destra in Parlamento. Qualcosa è già uscito sui giornali ma una versione inedita l'avrebbe sentita uno dei fondatori di Fratelli d'Italia finito nell'industria della Difesa niente poco di meno che dalla viva voce di Romano Prodi. L'idea sarebbe quella di spedire Mario Draghi al Quirinale, trasformandolo nei fatti suo malgrado in un candidato della sinistra, e sostituendolo a Palazzo Chigi addirittura con il segretario del Pd, Enrico Letta o con un suo surrogato, espressione dell'area centrista del partito, cioè l'immarcescibile Dario Franceschini. Sarebbe riproposta nei fatti la vecchia maggioranza del governo Conte Due con grillini, Leu, Renzi che pensa di portarsi dietro pure i centristi di Toti, senza la Lega e senza, se qualcuno tra gli azzurri nel frattempo non sarà impazzito, Forza Italia.

Un piano complesso che almeno a prima vista lascia increduli. Poi cominci a pensare e si insinua il sospetto che anche se D'Alema non è tornato nel Pd, probabilmente è tornata la moda dei «dalemoni», cioè di quelle strategie arzigogolate, piene di varianti e sotto-varianti peggio del Covid, che uscivano dalla mente del leader Maximo e che, nella maggior parte dei casi, ottenevano l'effetto opposto a quello desiderato. Una sorta di masochismo subliminale. Un'operazione del genere, ovviamente, considererebbe il partito che sulla carta dovrebbe fornire più truppe, cioè i grillini, carne da macello. Intanto perché si tratta di un piano ad alto rischio: togliere Draghi da Palazzo Chigi per spedirlo sul Colle, significa privare l'attuale equilibrio politico del suo pilastro portante nel pieno della pandemia e con mille ombre che si addensano sulla nostra economia. Un'operazione che può essere paragonata ad un tuffo nel vuoto che porterà nel giro di qualche mese alle elezioni. Prospettiva che i 5stelle considerano letale. Ma neppure nel caso che il governo dell'inedito «dalemone» made Letta-Renzi decolli e si arrivi alle elezioni a scadenza naturale, per Conte e Di Maio sarebbero rose e fiori. Un anno senza Draghi a Palazzo Chigi, con un premier del Pd e tutto il centro-destra all'opposizione, per una forza populista e «trasversale» come i 5stelle equivale consegnarsi all'estinzione elettorale.

Fin qui i grillini, ma anche Renzi farebbe una certa fatica a spiegare la ragione per cui dopo tutto il pandemonio che ha combinato esattamente un anno fa, si sarebbe deciso a tornare, come nel gioco dell'oca, alla casella di partenza di una maggioranza giallorossa più qualche appendice. Magari si inventerebbe qualche «supercazzola» ma in ogni caso farebbe ridere.

Infine, ultima considerazione, se dal laboratorio di Enrico Letta, in collaborazione con Renzi, escono davvero fuori dei progetti che somigliano tanto ai «dalemoni» che andavano in voga a cavallo tra il secolo scorso e l'attuale, allora non c'è tanto da scandalizzarsi del ritorno di D'Alema che, a questo punto, ha tutto il diritto di sentirsi a casa sua nel Pd. In fondo il leader Maximo e Renzi, come sostiene Claudio Velardi che conosce entrambi bene, si somigliano, sono entrambi narcisi.

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