I russi via da Chernobyl: "Soldati contaminati dalle radiazioni nucleari"

I media ucraini: "Allarme veleni. Decine di militari ammalati per i fumi tossici. Li cureremo". La vicepremier Vereshchuk: "Rischio catastrofe se non si demilitarizza tutta la zona"

I russi via da Chernobyl: "Soldati contaminati dalle radiazioni nucleari"

Quando nel 1997 la giornalista e scrittrice ucraina Svjatlana Aleksievi (premio Noben per la letteratura nel 2015) scrisse Preghiera per Chernobyl non poteva immaginare che nella sua terra sarebbe potuto mai accadere qualcosa di più grave di ciò che avvenne in quella maledetta notte del 26 aprile 1986. Sbagliava. Perché a 36 anni dall'incidente nucleare che sconvolse il mondo, gli uomini sono riusciti in un'«impresa» peggiore: far scoppiare una guerra. E Chernobyl è tornata così a far parlare di sé. Da «zona morta» a «zona strategica» nel conflitto tra l'esercito invasore di Putin e la resistenza dei soldati di Zelensky. Una palingenesi bellica che non ha nulla di mistico, buona solo per rendere ancor più cupo lo scheletro di un territorio fantasma dove l'aria puzza ovunque di morte. Ieri erano i fumi tossici provenienti dal sarcofago del reattore n. 4, oggi sono i fumi dei bombardamenti. Allora come adesso, il medesimo scenario di distruzione. Confermata da una notizia choc dei media bielorussi: «Molti soldati sono stati portati via da Chernobyl con gravi sintomi dovuti all'esposizione ad alte dosi di radioattività», titolava ieri Ukrainian Pravda, secondo cui «i militari intossicati sono stati ricoverati nel Centro repubblicano bielorusso di ricerca e pratica per la medicina delle radiazioni e l'ecologia umana»; obiettivo: «salvar loro la vita».

Propaganda finalizzata ad accreditare l'immagine dei «buoni» (gli ucraini) tanto «altruisti» da soccorrere perfino i nemici «cattivi» (i russi)? Ma la «favola» dei «buoni» e dei «cattivi» è piena di contraddizione: a partire da quella che, insieme con i russi, sarebbero «sparite» anche le guardie di frontiera ucraine da giorni ostaggio dei militari di Putin. Intanto i tank con la «Z» da giorni hanno cominciato ad abbandonare il sito spacciando la ritirata per un «cambio di posizionamento strategico». E anche qui capire dove finisce la verità e comincia la disinformazione è impresa ardua. Di certo la guerra mediatica è importante quanto quella sul campo. Ogni «comunicato», ogni «nota ufficiale» va presa con le molle. Come nel caso delle «spiegazioni» fornite da Energoatom, la Compagnia nazionale di generazione elettronucleare, secondo cui «i militari russi rimangono esposti a significative radiazioni esterne e interne nella zona di Chernobyl». Quattro giorni fa il ministero dell'Ambiente ucraino aveva annunciato che «vicino alla centrale nucleare erano stati individuati 31 incendi per una superficie totale di 10.111 ettari e la contaminazione radioattiva risultava in aumento». Se l'allarme è concreto, i rischi per i militari di Mosca («che hanno preso il controllo dell'ex centrale senza le necessarie protezioni» sono altissimi. «La situazione a Chernobyl è catastrofica, i russi non hanno il controllo della situazione - avverte da Leopoli la vicepremier ucraina, Iryna Vereshchuk -.

Si rischiano effetti ad ampio raggio. L'area della centrale deve essere demilitarizzata. Ho scritto di mio pugno una lettera al segretario generale dell'Onu Antonio Guterres per chiederlo». Un dramma reale ben superiore alla tragicità della fiction. Se infatti in Chernobyl (la miniserie televisiva creata e scritta da Craig Mazin e diretta da Johan Renck) si raccontano le vicende di chi si è sacrificato per salvare l'Europa da un disastro nucleare, qui ora - negli stessi luoghi - si sta assistendo a una guerra fratricida in cui nessuno vuol sacrificarsi per salvare chicchessia. Intanto il «via-vai dei camion carichi di militari russi contaminati» proseguirebbe «in maniera incessante». Si tratterebbe di «sette autobus partiti dalla zona occupata dalle truppe di Mosca nei primi giorni dell'invasione dell'Ucraina. L'agenzia di stampa Unian rilancia: «I soldati russi presentano sindrome da radiazioni acute».

Gli esperti russi e ucraini concordano: «Scavare trincee, mobilitare mezzi militari e scontrarsi in una zona dove i livelli di radiazioni restano ancora allarmati può scatenare reazioni tossiche micidiali». Un problema cui si è aggiunto quello della stagione degli incendi». E il rogo della guerra ha fiamme sempre più altre.

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