Con i talebani tornano le esecuzioni pubbliche

A Kabul reintrodotta la legge del taglione. Gli Stati Uniti: "Così tradite le promesse"

Con i talebani tornano le esecuzioni pubbliche

Occhio per occhio: i talebani hanno celebrato in pompa magna il ritorno delle esecuzioni pubbliche in Afghanistan, macabra tradizione dei fondamentalisti tornati al potere a Kabul oltre un anno fa. Un certo Tajmir, accusato dell'assassinio di un uomo a cui aveva anche rubato telefono e moto cinque anni fa, è stato ucciso a colpi di kalashnikov nello stadio di calcio di Farah, città nell'ovest afghano al confine con l'Iran. A premere il grilletto, tre volte, è stato il padre della vittima, a cui è stato riconosciuto il diritto alla vendetta.

Secondo il portavoce dei Talebani, Zabihullah Mujahid, Tajmir avrebbe ammesso la sua colpa e la condanna a morte è arrivata dopo l'esame di tre tribunali. Ad assistere all'esecuzione centinaia di persone e tutto il gruppo dirigente talebano, dal potente ministro dell'Interno e capo dell'omonima rete, Sirajuddin Haqqani, al ministro degli Esteri Amir Khan Muttaqi, nonché il capo della Corte suprema, Abdul Hakim Haqqani, e ancora una sequela di notabili e pezzi grossi talebani. La sentenza di morte è stata approvata dal numero uno dell'Emirato islamico in persona, Hibatullah Akhundzada, lo stesso che a metà novembre ha ordinato ai giudici di far rispettare tutti gli aspetti della sharia, comprese esecuzioni pubbliche, lapidazioni, fustigazioni e l'amputazione degli arti per i ladri. Da allora, i Talebani hanno messo in scena numerose fustigazioni, mai spingendosi fino all'esecuzione. Fonti locali sottolineano oltretutto che nel tradizionale invito alla partecipazione diramato dalle autorità si faceva cenno anche a un'altra sentenza di morte, a carico di una donna che sarebbe stata lapidata. Per qualche motivo poi la macabra punizione non è andata in scena. Per gli attivisti non c'è dubbio, il Paese è ripiombato nell'oscurantismo di vent'anni fa, le conquiste ottenute dalla popolazione grazie alla costante presenza delle forze internazionali e il diluvio di aiuti economici sono stati spazzati via in pochi mesi. Il portavoce del dipartimento di Stato americano, Ned Price, ha condannato l'«odiosa» esecuzione pubblica: «I talebani non tengono fede alle loro promesse».

Nonostante il grande impegno propagandistico messo in campo dal regime per celebrare gli eventi di Farah, l'attenzione dell'opinione pubblica afghana è tuttavia rivolta all'ultima direttiva: nelle prossime ore le scuole riapriranno per un giorno i battenti alle donne, che così «potranno sostenere gli esami» hanno decretato i Talebani.

Il goffo tentativo di nascondere la politica di segregazione delle donne ha scatenato un putiferio: «È un anno e mezzo che le scuole sono chiuse, non abbiamo libri, e poi come avremmo potuto studiare in questo caos», è il grido disperato di una delle tante studentesse.

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